In divisa contro i sacchetti "Ma ora dove li portiamo?"

Il soldati nella trincea-monnezza: dobbiamo rispondere agli ordini
8 maggio 2011 - Paolo Barbuto
Fonte: Il Mattino

I rifiuti ancora umidi per le ultime piogge e, adesso, bruciati da un sole che sembra di essere a agosto, fermentano a vista d’occhio e spargono nell’aria una puzza che solo chi l’ha sentita riesce a comprendere. I ragazzi in mimetica si difendono come possono: tute a proteggere gli abiti, guanti a difendere le mani, mascherine a coprire naso e bocca. Però ogni tanto devono ugualmente fermarsi e allontanarsi per prendere una boccata d’aria vera perché è impossibile resistere a lungo in quella nuvola di miasmi, insetti e marciume. Eccoli i militari dell’Esercito che per l’ennesima volta vengono schierati in campo. Nessuno riesce a sapere se il loro intervento è davvero determinante per accelerare la raccolta, però una certezza esiste: sono loro che vanno a infilarsi nei posti più luridi per raccogliere e portare via tonnellate di pattume accumulate da troppo tempo per essere gestite in regime di normale amministrazione. Avrebbero voluto partire dal cuore della città, invece hanno iniziato dai margini, da Quarto: le perlustrazioni in altri siti hanno dato esito negativo. Sui camion dell’esercito può essere caricata solo immondizia «pura», se ci sono rifiuti pericolosi o bruciati, anche l’Esercito deve fermarsi. E siccome in città quasi tutti i megacumuli sono stati dati alle fiamme, bisogna accontentarsi di partire da lontano. Quarto, via Spinelli, due passi dal grande supermercato che di sabato è preso d’assalto dalle famiglie. La discarica che s’è creata in quella via laterale ha dimensioni da catastrofe naturale: il primo intervento dei militari, quello che prevede lo spargimento di liquido sanificante, è praticamente inutile. Occorrerebbe un diluvio universale di Amuchina per tentare di rendere sana quella montagna di schifezze. I grossi escavatori vengono supportati dai piccoli bobcat che «imboccano» le gigantesche pale meccaniche. Il «bip bip» della retromarcia è penetrante, ritmico, non finisce mai. Si carica un camion, se ne carica un altro, poi un altro ancora, alla fine saranno quattro pronti a partire, rigorosamente in colonna, verso destinazioni ignote fino all’ultimo momento: «Ci coordiniamo con la sala di controllo - spiega il tenente colonnello Lauro - loro ci dicono dove andare a sversare». Brandelli di telefonate ascoltate nel bailamme dell’operazione-Quarto suggeriscono che il grosso carico di ieri pomeriggio è stato indirizzato verso Giugliano, ma il particolare alla fine diventa ininfluente. L’intervento dell’Esercito «non prevede una data di conclusione», spiega severo il tenente colonnello Lauro che ha sguardo blu profondo da attore americano e stivaletti incredibilmente lucidi anche se non smette di salire e scendere dai cumuli di pattume. Lauro lavora come gli altri, come tutti i militari, e a nome dei militari parla dicendo che «ci hanno chiamato a questa missione e la svolgiamo». Non c’è una sbavatura, una smorfia del volto, un tentennamento che lasci trapelare il disagio delle persone in divisa trasformate in netturbini. Per ogni cumulo di schifezza che viene smosso, si alza una nuvola nera: non è polvere, sono mosche, a centinaia, a milioni che creano piccole nuvolette in movimento finché non trovano altro luridume dove andare a posarsi. Sull’inferriata che costeggia la strada un perverso latin lover ha lasciato appesi i suoi «trofei», sono slip da donna appesi con maniacale precisione. «Qui vengono le coppiette ad appartarsi - conferma una signora che passa in auto - anche ieri c’era un’auto ferma. Ma come si fa a fare l’amore in mezzo a questa puzza schifosa?».

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