«Rifiuti, Napoli è colpevole ma l’Irpinia sia solidale»
Se come filosofo, Aldo Masullo non può che considerarsi «cittadino del mondo, ma di nessuna città in particolare», come uomo, il professore nato ad Avellino nell’aprile del ’23, cresciuto a Torino e formatosi culturalmente a Nola, si sente «profondamente legato all’Irpinia», terra della nostalgia di qualcosa che non si è potuto conoscere fino in fondo, ma che ogni volta riesce a «riempire un vuoto», una sorta di Macondo dove ritrovare se stessi. È così che Masullo, a un anno esatto dalla sua ultima visita, racconta il suo personale rapporto con la città di Avellino e l’Irpinia in generale, prima della lectio magistralis «Dal Trascendentalismo all’Esistenzialismo» tenuta ieri mattina nella palestra del liceo classico «Pietro Colletta». Nato da genitori avellinesi emigrati per lavoro nell’industrializzata Torino dei primi del ’900, Aldo Masullo è stato, però, anche uno dei 35 intellettuali partenopei ad aver firmato l’appello per chiedere al governatore della Regione Campania, Stefano Caldoro, di «utilizzare i poteri determinati dalla somma urgenza per aprire una nuova discarica fuori della Provincia di Napoli» e quindi, per esclusione, nelle aree dell’Irpinia e del Sannio che interessano le province di Avellino e Benevento. Una richiesta che ha suscitato non poche polemiche, irrigidendo i rapporti tra le zone interne della Campania e il capoluogo partenopeo e aprendo un fronte comune contro l’incapacità di Napoli di dotarsi di un ciclo virtuoso nella raccolta dei rifiuti solidi urbani. La firma posta in calce all’appello di intellettuali e magistrati partenopei, come ci tiene a sottolineare lo stesso filosofo «non è stata mai pensata come una richiesta per una ulteriore discarica in Alta Irpinia dove depositare i rifiuti dell’area napoletana», ma piuttosto come un tentativo per evitare la «rifeudalizzazione del Paese» e la successiva formazione di province «distanti l’una dall’altra e profondamente ostili». Masullo spiega che l’appello è stato partorito sulla base di due principi fondamentali: quello della «realtà distributiva» che prende in considerazione il numero di abitanti per chilometro quadrato e quello più propriamente storico per cui si dovrebbe garantire la «piena solidarietà» a Napoli in nome di una centocinquantenaria unità nazionale. «Con il permesso del ministro Bossi - ironizza Masullo - l’Italia è ancora uno stato unitario e va gestito come tale, senza prescindere da un principio ancora più importante che è quello di dovere amministrare bene la cosa pubblica. A Napoli tutto questo non è avvenuto. Gli amministratori della città non hanno avuto cura dei propri cittadini e non si sono preoccupati di fissare delle norme proporzionate ai consumi e alla produzione di rifiuti in linea con i nostri tempi». Il j’accuse del filosofo è indirizzato agli amministratori partenopei del centrosinistra che negli ultimi 15 anni non sono riusciti a risolvere l’emergenza rifiuti. «È una responsabilità gravissima: - dice - essere di sinistra significa soprattutto avere ben presente il problema delle trasformazioni che ci preparano al futuro. Il centrosinistra napoletano non è riuscito a provvedere neppure al presente e adesso siamo in piena emergenza. Mi dispiace che il nostro appello abbia generato tutte queste polemiche. Sono per la libertà di pensiero, anche quello di Ciriaco De Mita, ma con l’appello non si è voluto fornire un alibi alla città di Napoli, anzi, chiediamo una maggior responsabilità a chi la guiderà in futuro».