"Rifiuti, la provincializzaizione è una garazia"

Mancino: le leggi si applicano. La lezione di Durso: i problemi da lui posti non ancora risolti
16 aprile 2011 - Luigi Basile
Fonte: Il Mattino Avellino

«Quando si approva un testo legislativo bisognerebbe attuarlo. Si comprendono le ragioni di tante polemiche che vengono sollevate in questi giorni». L’ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Nicola Mancino, non si è sottratto all’opportunità di esprimere una valutazione sui provvedimenti che la giunta regionale Caldoro e la maggioranza che lo sostiene hanno predisposto sul fronte dell’emergenza rifiuti, consentendo il trasferimento dei rifiuti napoletani in Irpinia. Le dichiarazioni sono state rilasciate a margine della lectio magistralis che il senatore ha tenuto sulla figura di Guido Dorso, presso la chiesa del Carmine, nell’ambito del programma allestito dall’Istituzione teatro comunale «Carlo Gesualdo» e dall’assessorato alla Cultura del Comune di Avellino per i 150 anni dell’Unità d’Italia. All’iniziativa hanno partecipato anche il sindaco di Avellino, Giuseppe Galasso, il presidente del teatro «Gesualdo», Luca Cipriano, e l’assessore comunale Gennaro Romei. Tra il pubblico anche il senatore Enzo De Luca. «Il mantenimento della provincializzazione del ciclo dei rifiuti - ha affermato Mancino - non può che essere un fatto positivo per la provincia di Avellino, che appare comprensibilmente preoccupata da prospettive differenti». L’ex inquilino di Palazzo Madama, riferendosi al tema della conferenza, ha poi sottolineato che «Dorso rimarrebbe profondamente deluso dai limiti e dalle contraddizioni del Mezzogiorno, travolto da enormi difficoltà che l’attuale classe politica e dirigente non è in grado di affrontare in maniera seria e con proposte di ampio respiro». Parlando del prossimo appuntamento elettorale amministrativo, Mancino ha poi aggiunto: «Spero che in campagna elettorale prevalga il dialogo. Lo scontro sarebbe la cartina di tornasole di questi tempi difficili che stiamo attraversando». Il senatore ha poi tracciato, con la sua relazione, un profilo del meridionalista avellinese con un occhio rivolto al passato, cioè al momento storico in cui si è sviluppata la sua vita e la sua opera, e uno al presente per evidenziare l’attualità del pensiero dell’autore della «Rivoluzione meridionale». Il ragionamento si è soffermato soprattutto sul problema della formazione di una nuova classe dirigente, capace di riscattare il Mezzogiorno, facendolo uscire dalla condizione di arretratezza che lo contraddistingue, risolvendo alla radice mali profondi come il malcostume, l’opportunismo e il trasformismo. «La denuncia di Dorso - ha sostenuto Mancino - oggi è quanto mai attuale. Soltanto cambiando atteggiamento e attraverso la selezione di una nuova classe dirigente è possibile mutare la situazione nella quale viviamo. Dobbiamo puntare sulla difesa della legalità e della moralità, oltre che sulla lotta contro la criminalità organizzata, che è una palla al piede dello sviluppo delle regioni meridionali, e non solo». «L’impegno meridionalista non è finito con Dorso - ha evidenziato Mancino - anche se le questioni che egli ha posto, non sono state risolte e addirittura sono peggiorate. La fine delle ideologie e dei grandi riferimenti culturali, ha fatto venir meno la funzione che i partiti politici nel passato hanno svolto, in termini di rappresentanza di istanze diffuse e di luogo di confronto. L’attuale legge elettorale che non consente la scelta dei rappresentanti, concentra in poche mani il potere e impedisce il rinnovamento». Mancino ha criticato il sistema maggioritario, sostenendo che soltanto il metodo di rappresentanza proporzionale offre garanzie di partecipazione democratica, giudizio sostenuto da Dorso stesso, ma anche da Gobetti e Gramsci. «Debbo però dire - ha concluso Mancino - che condivido la tesi di Emanuele Macaluso: purtroppo la stagione del meridionalismo è definitivamente conclusa».

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