Rifiuti speciali verso la Cina, sequestrati cinque container

All'interno scarti di materie plastiche destinati alla realizzazione di prodotti da rivendere in europa
12 aprile 2011 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

Cinque container carichi di 86 tonnellate di rifiuti plastici e diretti in Cina sono stati sequestrati dai finanzieri del secondo gruppo del comando provinciale della Guardia di Finanza e dai funzionari dell’ufficio delle dogane di Napoli 1. Potrebbe trattarsi, almeno in parte, di materiali provenienti dalla raccolta differenziata: proprio su questo punto sono ancora in corso le indagini. Intanto il titolare della ditta di Acerra che aveva tentato di esportarli è stato denunciato all’autorità giudiziaria. È un altro colpo al fiorentissimo traffico che da Napoli porta nel lontano oriente rifiuti speciali di ogni genere: una volta arrivati a destinazione diventano materie prime per le merci che poi tornano in Europa. Scarpe, ma anche giocattoli prodotti con materiali tossici. Un traffico sul quale si starebbe arricchendo, secondo alcune indagini in corso alla procura di Santa Maria Capua Vetere e alla Dda di Napoli, anche la criminalità organizzata, in particolare quella casertana. Solo nel 2010 il secondo gruppo della Guardia di Finanza che opera nel porto ha sequestrato 1.324.380 chilogrammi di rifiuti speciali, 4.428.561 dal 2008. All’individuazione dei container si è arrivati attraverso lo screening della documentazione di accompagnamento. Cascami, ritagli e avanzi di altre materie plastiche, classificabili come rifiuti speciali non pericolosi, erano stati spediti da una ditta di Acerra che, per rispettare la legge, avrebbe dovuto lavarli e destinarli a un impianto di recupero. E, infatti, almeno sulla carta, dovevano arrivare a uno stabilimento della Repubblica Popolare Cinese dove avrebbero dovuto essere lavorati e riciclati. Ma lo studio della documentazione di accompagnamento ha dimostrato che il destinatario finale dei rifiuti era, contrariamente a quanto dichiarato dall’esportatore, una società che gestisce un’attività meramente commerciale e non di recupero. I residui plastici, quindi, non sarebbero stati lavorati come rifiuti, ma utilizzati come materie prime. In questo modo l’azienda avrebbe risparmiato le operazioni di lavaggio e guadagnato due volte: la prima ottenendo il pagamento dalle imprese italiane che hanno ceduto il materiale e la seconda vendendolo ai cinesi invece di pagare per smaltirlo. Quello di trasformare i rifiuti in materia prima è un gioco di prestigio che praticano in molti sulla rotta tra Napoli la Cina, la Corea, a Hong Kong, la Malesia, il Camerun. In questi Paesi affamati di materie prime vengono spedite parti dismesse di beni di consumo: televisori, computer, lavatrici, frigoriferi e soprattutto pneumatici ridotti a brandelli e cascami di gomma. Questi ultimi vengono spesso utilizzati come carburanti per gli impianti industriali. Ma in molti altri casi sono le imprese della contraffazione a trasformali in materiali utilizzati per produrre le merci che sono poi rivendute ai clan.

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