Centro direzionale, scale e parcheggi sepolti dai cumuli d'immondizia
I residenti: roba da terzo mondo meglio andare via da questa città
Il Centro direzionale affonda sotto l'ombra dei rifiuti. Un arcobaleno multiforme di monnezza abbraccia gli inossidabili grattacieli; la raccolta differenziata, malgrado la presenza degli appositi contenitori, qui non esiste. Passeggiando tra il sali e scendi, nel bel mezzo dei palazzoni, non c'è zona che non emani olezzi di marciume. Una puzza che inorridirebbe anche il più esperto degli operatori ecologici. Proprio fuori il parcheggio della Regione, isola F8, una montagna informe di rifiuti sommerge i cassonetti, tanto da lasciare il dubbio che neanche ci siano. Alcuni, si intravedono tra una sacchetto azzurro ed uno nero. Altri si fanno forza tra bottiglie, scatole di giochi per bambini e dulcis in fundo stendipanni buttati lì, quasi a dire «tanto chi se ne accorge». Se si prosegue verso il palazzo che ospita la sede del Ministero dell'economia, c'è una scala, anzi c'era, che porta sulla strada principale. C'era, perché i sacchetti, uno sull'altro, ne ostruiscono il passaggio, come se volessero lanciare un messaggio: «Di qua non si passa». Una signora anziana, con il cane a passeggio, rimane impietrita davanti allo scempio. «È uno schifo, siamo stanchi di vivere in queste condizioni da terzo mondo. Ogni giorno che esco mi tocca fare una strada diversa. Oggi manco più la scala posso usare. Tra poco i rifiuti me li troverò davanti la porta di casa». Una situazione che i residenti non reggono più. Ne passa un altro, in giacca grigia, che deve addirittura passarci sopra, schiacciare i rifiuti, che vomitano fuori di tutto. «C'è chi camminava sulle acque - dice inviperito - e chi è costretto a passeggiare sulla munnezza. Io non so se cambierà mai qualcosa, spero mi diano il trasferimento che ho chiesto. Napoli mi ha stancato». Molti hanno oramai perso le speranze, ma lo spettacolo anche sotto il Palazzo di Giustizia lascia senza parole. L'iride sembra completarsi con le tinte della nemesi, sacchetti di tutti i colori; verdi, bianchi, blu, neri. Tra una scatola e l'altra spunta una televisione a tubo catodico. Evidentemente chi l'ha abbandonata lì ne avrà comprata una al plasma. Ovviamente, c'è poco da scherzare, mentre all'isola G3 non sono certo messi meglio. C'è un intero ufficio, smontato e lasciato sul ciglio della strada, in mezzo a tutto il resto; solido, umido, liquido. Schienali di sedie rosse e nere. Armadietti bianchi e scrivanie marroncino scuro. Qualcuno avrà pensato di rinnovare qualche stanzone del grattacielo soprastante, senza farsi troppi problemi. Infine, sulla scia del fetore multicolor vediamo una fermata dell'autobus. Una montagnella sembra quasi aggrapparsi al palo dove si erge il cartello che segna gli stazionamenti, una signora in attesa si allontana e si tappa il naso. L'immagine desolante di un centro direzionale, che collassa sotto l'ombra dei rifiuti.