«Calcare e argilla, con gli sversatoi è a rischio il serbatoio del Sud»
Difesa Grande ad Ariano Irpino, Pustarza a Savignano, ai confini verso Benevento c’è Sant’Arcangelo Trimonte e verso Napoli s’incontra Tufino. Sabino Aquino, idrogeologo, presidente del Parco del Partenio e professore incaricato di Tecniche per il Monitoraggio per l’Ambiente e il Territorio presso l’Università degli Studi del Sannio spiega perché bisogna evitare di sovraccaricare ulteriormente il fragile ecosistema irpino.
«L’acqua dell’Irpinia - afferma Aquino - serve l’Alto Calore, l’Acquedotto Pugliese e l’Arin di Napoli. Le portate medie delle nostre sorgenti sono superiori ai 15mila litri al secondo e approvvigionano circa 5 milioni di cittadini pugliesi, lucani e campani. Nel massiccio carbonatico del Terminio Cervialto si concentra buona parte delle sorgenti mentre il reticolo idrografico, con i suoi quattro fiumi più importanti, interessa trasversalmente il territorio. Il Calore e il Sabato nascono dall’Accellica e vanno a Benevento, il Sele, dalle pendici del Paflagone, attraversa la valle omonima e continua nel salernitano, l’Ofanto da Torella de Lombardi arriva in Puglia. Il reticolo idrografico interagisce sia con le acque sotterranee sia con le acque superficiali che si accumulano, poi, nei grandi invasi di Conza della Campania, di 60 milioni di metri cubi, di San Pietro a Monteverde con 15 milioni e la più piccola Diga Macchioni a Castelbaronia».
Perché tutta questa acqua? «Per la particolare conformazione calcarea delle nostre montagne interessate da un fenomeno carsico molto attivo. Quando piove, parte dell’acqua penetra attraverso i calcari e va ad alimentare, scendendo nelle caverne e grotte sotterranee, come quella del Caliendo a Bagnoli, le falde acquifere. Il grado di permeabilità del calcare è altissimo perché è fessurato, fratturato, tettonizzato, cioè è a blocchi e a strati, ed è carsificato. Per avere sorgenti della portata media annua di oltre 2000 litri al secondo il serbatoio naturale sotterraneo di alimentazione di queste scaturigini deve essere immenso».
Quindi una discarica su questo territorio costituirebbe un fortissimo impatto ambientale. «Non conosciamo, se non parzialmente, come si diramano questi corridoi sotterranei nell’ambito dei massicci calcarei e questo, unitamente all’interconnessione del reticolo idrografico con le formazioni carbonatiche, costituisce un serio rischio, direttamente connesso all’inquinamento degli acquiferi destinati al consumo umano».
E il Formicoso? «L’apparente sicurezza della conformazione argillosa distrae dal potenziale pericolo di contaminazione del reticolo idrografico di Ofanto e Ufita. Inoltre è attiguo alla Diga di Conza che, a breve, potabilizzerà 1000 litri al secondo per la Puglia. Eventuali agenti inquinanti scivolando sullo strato sotterraneo di argilla impermeabile arriverebbero prima o poi agli invasi».
Il Piano rifiuti regionale prevede che le cave abbandonate possano essere riempite con compost fuori specifica. «Nelle cave calcaree, data la vulnerabilità elevatissima legata all’alto grado di permeabilità, non consiglierei di utilizzare nemmeno il fos, la frazione organica stabilizzata, più puro. Le cave argillose, invece, presentano una pericolosità dovuta soprattutto all’interconnessione ed estensione del reticolo idrografico irpino».
Sempre nella legge 24 si prevede un tempo di 15 giorni per produrre la Valutazione di Impatto ambientale. Sembrerebbe impossibile. «Nel 2002 il Cnr diede alla stampa l’”Atlante delle Carte della Vulnerabilità delle Regioni Italiane” che descrive le zone acquifere più vulnerabili d’Italia e lo inviò alla Protezione civile e agli enti locali. Questo, tra l’altro, per evitare anche solo la probabilità dell’errore umano nell’avviare attività potenzialmente pericolose in presenza di bacini acquiferi significativi. Il Cnr ha verificato scientificamente l’attendibilità metodologica e l’applicabilità dei criteri utilizzati creando, così, uno standard di riferimento. Ho partecipato personalmente alla realizzazione delle Carte di Vulnerabilità delle idrostrutture del Terminio-Tuoro, del Partenio in Irpinia e del Taburno e del Camposauro e nel Sannio e so che la Valutazione di Impatto Ambientale è già lì, pronta. Basta consultare questa cartografia che peraltro è già in possesso della Regione Campania. Dobbiamo essere consapevoli dell’inestimabile valore ambientale del nostro territorio, già abbastanza danneggiato e oltraggiato. Solo così, attraverso la difesa della biodiversità, e della matrice ambientale più in generale potremo pensare a un vero modello di sviluppo sostenibile».