Mastella a giudizio, cade l'accusa di partito-clan

Cade l'accusa più grave
A processo per truffa e appropriazione indebita
1 aprile 2011 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino Benevento

Cade l’accusa più grave, cade l’ipotesi principale, l’Udeur non è un «partito organizzato per delinquere». È il verdetto del giudice per le udienze preliminari Eduardo De Gregorio, al termine della cosiddetta inchiesta Arpac. Non luogo a procedere per tutti gli imputati che rispondevano di associazione per delinquere, anche se per altri reati contestati vengono comunque emessi dispositivi di rinvio a giudizio. Ma andiamo con ordine a partire dai vertici di quel partito - l’Udeur - raggiunto nel 2008 da un vero e proprio ciclone giudiziario. Difeso dai penalisti Alfonso Furgiuele e Severino Nappi, c’è soddisfazione da parte dei coniugi Mastella, raggiunti da due procedimenti giudiziari fondati proprio sull’ipotesi di un partito in grado di gestire potere, appalti, nomine e assunzioni. Aula 115, diverse ore di camera di consiglio, prima di emettere il verdetto che respinge parte delle accuse contestate dal pm Francesco Curcio e dall’aggiunto Francesco Greco. Per Clemente Mastella cade dunque l’accusa di aver promosso un «partito-clan», ma anche di aver favorito la nomina di un primario nell’ospedale Santobono di Napoli. Diverso invece il verdetto per altre due contestazioni. Mastella viene così rinviato a giudizio per due capi d’imputazione: un caso di abuso d’ufficio, legato alla presunta raccomandazione per favorire l’assunzione di un consulente (un cococo) all’Arpac; e per ipotesi di truffa, appropriazione indebita e malversazione ai danni dello Stato, in relazione all’acquisto dell’immobile romano che ospitava il Campanile tramite soldi destinati all’editoria. Su questi due punti, il gup chiede un accertamento in aula a partire dall’11 ottobre, prima penale, collegio A. Anche per Sandra Lonardo Mastella l’accusa di associazione per delinquere non supera lo sbarramento del gup, mentre lady Mastella si ritrova a giudizio per una assunzione all’Arpac. Non luogo a procedere per la ex presidente del consiglio regionale anche per un’altra ipotesi di accusa, quella di aver imposto la nomina di un primario al Santobono; prescritta invece un’ipotesi di truffa riconducibile a diversi anni fa e a vicende legate al Beneventano. Ma andiamo avanti con la lettura del dispositivo. Anche per Carlo Camilleri (difeso dal penalista Alfonso Maria Stile) e per l’ex assessore regionale Andrea Abbamonte (difeso dal penalista Alfonso Furgiuele), viene meno l’ipotesi di aver preso parte a un’associazione per delinquere, ma a giudizio ci vanno per altre due contestazioni: un’ipotesi di truffa ai danni dell’Arpac che vede imputato Camilleri; e il caso del primario nominato al Santobono, che vede invece a giudizio l’ex assessore. Ma la scure del gup si abbatte anche su un altro capo di imputazione, relativo alla compravendita di un immobile a Vigliena da parte dell’Arpac, che avrebbe visto parte lesa il Comune di Napoli. Una storia che vede prosciolto l’ex direttore Arpac Luciano Capobianco (difeso dal penalista Luigi Cavalli), ritenuto estraneo anche all’ipotesi associativa ma che va a giudizio per un presunto abuso d’ufficio in relazione a una assunzione sospetta. Cadono le accuse su Vigliena anche a carico di Cristiana Fevola (difesa dal penalista Fabio Foglia Manzillo), ma anche per Claudio e Fabio Rossi, difesi dai penalisti Lucilla Longone e Maurizio Sica; Fabrizio Merolla, difeso dall’avvocato Tommaso Bochicchio. Inchiesta complessa, nata a Santa Maria Capua Vetere, per poi culminare in un secondo atto d’accusa che travolse i vertici dell’Arpac. Nel primo caso - gennaio del 2008 - le accuse sul partito per delinquere culminarono negli arresti domiciliari a carico dell’ex presidente del consiglio regionale Sandra Lonardo, con le dimissioni di Mastella dal governo Prodi e il crollo dell’esecutivo. Tre anni dopo, l’impianto principale sul partito per delinquere non ha superato il giro di boa dell’udienza preliminare.

Powered by PhPeace 2.6.4