Bonifiche fantasma e crisi «pilotate» una regia per nascondere gli ammanchi

Nuovo filone d'inchiesta della Dda sul risanamento affidato a imprese casalesi
24 marzo 2011 - Rosaria Capacchione
Fonte: Il Mattino

Nel gran calderone dell’emergenza rifiuti, sotto lo scudo protettivo delle leggi speciali che tutto consentono e tutto assolvono, c’è un capitolo non ancora scritto. Riguarda le bonifiche dei siti, grandi e piccoli, abusivi o autorizzati, di cui è costellata l’intera Campania. Bonifica più volte finanziata e mai avvenuta. Eppure, i soldi risultano spesi. In qualche caso, come lascia intendere la relazione contabile del commissariato per le bonifiche che ha recentemente acquistato autonomia sganciandosi dal commissariato per i rifiuti, sono spariti. Non si sa dove e in che direzione, non si sa neppure se e in quale voce di bilancio sono stati dirottati. L’unica certezza è che le discariche e i siti di stoccaggio sono stati lasciati esattamente come erano stati trovati: colmi di immondizia fino all’inverosimile, ben oltre la capienza fissata dalla già tollerante legislazione regionale e riempiti ancora e ancora e ancora, ogni volta che l’emergenza montava e con essa la necessità di trovare a ogni costo un buco, un buco qualunque, capace di ingoiare le eccedenze di spazzatura casalinga. Dei 420 miliardi di lire stanziati dal ministero per l’Ambiente nel 2000, e destinati esclusivamente alle bonifiche, sono stati «ritrovati» 105 milioni di euro, meno della metà, finiti tra le spese dello smaltimento. Soldi dei quali il commissario Mario De Biasio ha chiesto la restituzione. Dell’altra parte del finanziamento non c’è traccia. Cioè: si sa che sono stati destinati, attraverso la presidenza del Consiglio o la Protezione civile, alla Hydrogest e alla Recam, che si sono dimostrate inadempienti. Parallela all’inchiesta sulla gestione della discarica di Chiaiano e alle mancate opere di impermeabilizzazione, affidate a ditte in odor di camorra, la Dda di Napoli sta approfondendo anche un altro spunto investigativo. E cioè, la possibilità che l’emergenza rifiuti sia stata una sorta di paravento necessario a mascherare lo storno del denaro destinato alle bonifiche. Pilotata, insomma. Indotta con la complicità delle imprese mafiose che operavano e continuano a operare nello stesso comparto nonostante la mancanza di requisiti antimafia. Da quella cassaforte, per esempio, risulta pagato lo smaltimento dell’immondizia nelle cave X e Z, a Giugliano, gestite da Cipriano Chianese; finanziata la bonifica fantasma dell’impianto Resit, dello stesso Chianese, che ha incassato oltre trenta milioni di euro; stipendiati gli ex lsu assorbiti dalla Recam. E se questo è accaduto per le megastrutture, in maniera non dissimile - rilevano gli investigatori impegnati nella nuova inchiesta dei pm Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio - ci si è regolati a livello locale, nei piccoli comuni, dove le microdiscariche censite più volte da vigili urbani, carabinieri del Noe e ambientalisti, non sono mai state bonificate e neppure coperte. Lavori che in molti casi, sempre in virtù della legislazione emergenziale, risultano affidati a trattativa privata a ditte controllate dal clan dei Casalesi e, nel Giuglianese, dagli alleati Mallardo. Un esempio per tutti: con la scusa della somma urgenza, alcuni Comuni - negli anni in cui il Commissariato era affidato a Corrado Catenacci e, poi, a Guido Bertolaso - affidano la rimozione dei rifiuti sversati abusivamente a Casal di Principe, San Cipriano e Casapesenna alla ditta Fontana, emanazione diretta della famiglia Zagaria. Questa lettura dei fatti, se confermata, consoliderebbe l’esistenza di una trattativa tra istituzioni e Casalesi, con la concessione dei subappalti quale contropartita per la gestione ordinata e non guerreggiata dello smaltimento. Trattativa sulla quale i ministri dell’Interno, dell’Ambiente e della Giustizia sono stati chiamati a fornire spiegazioni in Parlamento dai componenti del Pd delle commissioni antimafia ed ecomafia.

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