Catenacci denuncia: "Percolato smaltito dalla 'Ndrangheta"

L'ex-commissario: troppe infiltrazioni vietarono lo sversamento a Lamezia
24 marzo 2011 - r.cap.
Fonte: Il Mattino

Prima lui, poi Gianfranco Mascazzini, ex direttore generale del ministero dell’Ambiente e poi commissario per la gestione in Abruzzo dei fondi destinati al rischio idreogeologico. Quasi tre ore di audizione a San Macuto, testimoni convocati dalla commissione d’inchiesta sulle ecomafie per ricostruire i retroscena dello scandalo ultimo (o meglio, il penultimo) sulla gestione dello smaltimento di rifiuti e percolato in Campania. Volevano sapere, i commissari della bicamerale, come e perché gli scarti delle discariche finivano nei depuratori malfunzionanti e inidonei al trattamento delle acque luride frutto della decomposizione dell’immondizia. Lui, Corrado Catenacci, ex commissario per l’emergenza e successivamente - e fino all’arresto (al quale è seguito una veloce scarcerazione), cioè alla fine di gennaio - è andato oltre, rivelando un piccolo retroscena. Se il suo ufficio si decise a gestire in proprio, e in loco, lo smaltimento del percolato fu perché l’impianto di Lamezia Terme non era sicuro. Insicuro perché infiltrato dalla ’ndrangheta, che controllava il comparto attraverso ditte di fiducia (e prive dei requisiti antimafia) alle quali erano affidati in subappalto trasporto e stoccaggio. La scelta del trattamento (che trattamento non fu) nei cinque depuratori della Campania fu, a detta del prefetto, necessitata dal pericolo di contaminazioni criminali. Il risultato finale, stando a quanto emerso dall’inchiesta dei pm Paolo Sirleo e Giuseppe Noviello, è stato altrettanto criminale: un vero e proprio attentato all’ambiente e all’ecosistema del golfo di Napoli, con lo sversamento in mare di tonnellate di percolato non trattato e non depurato. Durante l’audizione, sia Corrado Catenacci, sia Gianfranco Mascazzini, hanno comunque negato la loro diretta responsabilità nella gestione anomala dello smaltimento, cosa che avevano già fatto nel corso degli interrogatori reisi dinanzi al gip collegiale ottenendo, a conclusione, la revoca dell’ordinanza di custodia cautelare domiciliare. Revoca per la quale hanno pesato non poco le dimissioni di entrambi dai ruoli ricoperti fino all’arresto e dalla loro domanda di quiescenza. Mascazzini ha ripetuto la sua versione circa l’attività, contestatagli dalla Procura di Napoli, di convincimento dei vertici del Consiglio dei ministri affinché adottasse «una ordinanza presidenziale che contenesse esplicitamente una deroga alle regole stabilite nel 2006». Con la finalità ultima, attraverso l’attribuzione di poteri straordinari a tecnocrati di fiducia, di rimuovere gli ostacoli procedurati, derubricati in più banali «formalismi burocratici».

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