Immondizia e Camorra, a Chiaiano incubo veleni
Prima della gara, la certezza di ottenere l’appalto, tanto da fiutare anche il business dei terreni. Poi, in corso d’opera sarebbe stato usato materiale di scarsa qualità per pavimentare la grande gola dei rifiuti napoletani. Sono ipotesi, al momento. Quanto basta a spingere la Procura ad effettuare perquisizioni e sequestri per imprenditori e gestori della discarica di Chiaiano. Monta la rabbia mai sopita di gruppi di cittadini, oggi più che mai sul piede di guerra. Stando alle indagini, argilla di scarsa qualità e di dubbia provenienza sarebbe stata utilizzata per il rivestimento interno della discarica partenopea. Sotto i riflettori del Noe finiscono così dieci indagati, tecnici e amministratori della associazione di imprese nata per la gestione della discarica. Tre anni fa la decisione di consentire lo scarico dei rifiuti alle porte della città provocò barricate e giorni di tensione. Oggi sulla «ati» che ha gestito l’invaso si addensano pesanti ipotesi di reato. Traffico illecito di rifiuti, frode in pubbliche forniture sono le accuse dei pm anticamorra Antonello Ardituro, Marco Del Gaudio e del procuratore aggiunto Sandro Pennasilico. C’è anche il sospetto che le due aziende unite nella Ati - la Ibi spa e la Edilcar sas - abbiano in passato avuto contatti con i clan Zagaria e Mallardo, come avrebbe raccontato il pentito Gaetano Vassallo. Circostanza al momento priva di riscontri e respinta in modo categorico dalle due imprese. Vicenda che merita una premessa: le perquisizioni non corrispondono a una prova della colpevolezza di qualcuno ma vanno intese come momento di ricerca della prova. Difesi dal penalista Gennaro Lepre, ieri i vertici della Ibi hanno replicato alle accuse: «Sono destituite di fondamento le illazioni sul materiale argilloso impegnato a Chiaiano e sulla tenuta impermeabile della discarica, illazioni che ledono il buon nome della Ibi spa e costituiscono allarme ingiustificato e arbitrario. Chiunque può avere accesso agli atti delle innumerevoli verifiche tecniche e prove di collaudo, tutti con esito positivo». Ma cosa ha spinto la Procura a notificare dieci avvisi di perquisizione in case e uffici? Andiamo con ordine, a partire dagli appalti per il movimento terra e per la pavimentazione di Chiaiano. Sia i gestori della Ibi spa che quelli della Edilcar sas erano convinti di riuscire ad ottenere l’incarico - si legge - «tanto da organizzarsi anche per l’esproprio dei terreni». Ma non è tutto. Al centro delle indagini, l’Ati formata dalla Edilcar della famiglia Carandente Tartaglia (cinque componenti dei quali sono stati raggiunti dalle perquisizioni del Noe) e la Ibi, riconducibile all’imprenditore Antonio D’Amico. Si parte dalla commessa da euro 11.878894,81 per la «copertura finale delle discariche consortili in località Schiavi e masseria del Pozzo» nel Giuglianese, per poi prendere di petto la questione Chiaiano. Più o meno questo lo schema sposato dalla Procura di Lepore: «La Edilcar raccoglie rifiuti - terra e rocce - sia dalla stessa discarica di Chiaiano che dai vari cantieri gestiti in proprio, poi li trasporta presso il proprio sito a Giugliano in Campania (una discarica di 15mila metriquadrati, ieri sequestrata), per rivenderli di nuovo alla stessa discarica di Chiaiano per effettuare le operazioni di ricopertura dei rifiuti con terreno vegetale». Insomma, gli stessi rifiuti sarebbero stati estratti da Chiaiano e rivenduti a Chiaiano al momento della copertura da parte degli stessi imprenditori. Ancora uno zoom sulla grande gola napoletana: oltre al terreno misto per la copertura della discarica, quelli della Edilcar (in accordo con tecnici Ibi) avrebbero fornito argilla di scarsa qualità e acquisita illegalmente. Indagini in corso da parte dei militari del maggiore Giovanni Caturano, si parte dai collaudi effettuati a Napoli nord: argilla di scarsa qualità per impedire infiltrazioni? E ancora: quanto sono vere le dichiarazioni del pentito Vassallo?