Davanyi alla cava torna la rivolta "Stop ai camion"
Legambiente all'attacco per i mancati controlli
Amarezza, soddisfazione e già le prime tensioni. I comitati di Chiaiano, che da tre anni non mollano, hanno celebrato ieri il loro V-Day: il giorno della verità. La tanto decantata discarica sulla collina dei ciliegi, spacciata per la migliore in funzione, è un colabrodo di percolato e sta avvelenando il terreno e i residui boschi della periferia nord di Napoli. Una vittoria di Pirro che però ha subito scatenato una nuova mobilitazione, riproponendo la Rotonda Titanic e Cupa dei Cani come epicentri dell’interminabile guerra della monnezza. Un fronte del rifiuto che si riaccende mentre si avvia la campagna elettorale non solo a Napoli, ma anche a Marano, il comune che più sta subendo i danni dalla presenza del sito. Ieri notte, una cinquantina di persone, per lo più giovani dei comitati e residenti di Poggio Vallesana, hanno bloccato una quindicina di autocompattatori che dovevano sversare nella cava del Poligono. Polizia non ce n’era e tutto è filato liscio, almeno sino a notte fonda. I compattatori sono rimasti a lungo fermi attorno alla rotonda Titanic, mentre donne e ragazzi si riscaldavano accanto al fuoco. Il mancato conferimento della spazzatura rischia di far rivivere l’incubo dei cumuli di sacchetti per le strade e le piazze, lo scuorno mondiale, come una piaga d’Egitto dalla quale non riusciamo a liberarci. Qui arrivano dalle 500 alle 800 tonnellate al giorno, dal terzo alla metà di quando viene prodotto quotidianamente. La primavera non poteva annunciarsi, quindi, in un modo peggiore. Un risveglio tossico che è una conferma delle paure e delle denunce bollate come allarmismi. È sempre la stessa puzza e continuavano a non chiamarla veleno. «Se gli elementi acquisiti dalla Procura troveranno riscontri» ha commentato a caldo il sindaco di Marano, Salvatore Perrotta «i fatti ci danno ragione. Il tempo è galantuomo, ma talvolta lo è troppo tardi». E le mani della camorra sulla cava sono davvero la ciliegina sulla torta della monnezza. «Questa inchiesta» ha insistito Perrotta «sbugiarda i tanti pseudo-paladini della legalità che nei giorni della protesta sostenevano che fosse alimentata dai clan: come si vede, i clan avevano interesse a realizzarla, la discarica, non a contrastarla». Antonio Amato, presidente della commissione regionale ecomafie, ha chiesto l’immediata apertura di un tavolo tecnico per l’intera area delle cave e ha ricordato che «esistevano analisi e carteggi ufficiali che già nel 2008 denunciavano l’inquinamento delle falde di cava Zara, confinante con quella del Poligono». E ha aggiunto sulla bonifica: «Bisogna uscire dal silenzio, abbattere i muri di gomma e capire se esistono pericoli per la popolazione». La rete Commons, che riunisce i comitati di Chiaiano, chiederà l’immediato sequestro del sito. «Come è possibile affidare ad aziende legate ai poteri criminali la realizzazione e la gestione di questa discarica?» hanno commentato Antonio Musella ed Egidio Giordano, portavoce della rete. «È assurdo che la magistratura non abbia sequestrato la discarica. Ed è altrettanto incomprensibile che ancora oggi gli attivisti che hanno denunciato questo scempio siano sottoposti a misure restrittive. Mentre politici e camorra facevano affari chi lottava veniva perseguitato dalla magistratura». Anche Legambiente ha sottolineato l’intreccio tra politica, poteri forti e criminalità organizzata. «Dov’era chi doveva controllare quella che era stata spacciata come la discarica più sicura dell’emergenza?» si è domandato Michele Buonomo, presidente campano dell’associazione ambientalista. A entrare nel merito è stato Raffaele Del Giudice, che di Legambiente è il direttore campano. «Ci hanno spacciato per verità delle bugie di Stato» ha spiegato. «Anche di Cava Riconta a Villaricca, piena di percolato a cielo aperto ancora oggi, ci dicevano che erano perfette. Erano le parole d’ordine per tranquillizzare la piazza. Il percolato è il marchio di fabbrica di tutte le discariche fatte aprire da Guido Bertolaso». Chiaiano è un sito stressato che per anni ha ingoiato più spazzatura di quanto potesse, montagne di tal quale che, ammassato e pressato, ha prodotto una mostruosa spremuta di monnezza che ha appestato il terreno e che rischia di arrivare alla falda che (rassicura l’ambientalista) non rifornisce Napoli. «Proprio l’eccesso di tal quale» ha continuato Del Giudice «è una delle cause principali della fortissima produzione di percolato. Ma la struttura stessa della discarica costruita in una cava di tufo a generare problemi. Se si aggiunge la natura inadatta dell’argilla il guaio è fatto. E i pericoli sono enormi, perché il percolato è corrosivo». La soluzione? «Andrebbe chiusa immediatamente e dovrebbe restare ferma almeno un anno e mezzo. Meglio per sempre».