Dodici pozzi avvelenati, stop alle coltivazioni
Pozzi avvelenati nell'area delle discariche di Giugliano dove furono seppelliti anche i veleni dell'Acna di Cengio: le analisi dell'Arpac confermano per le prime dodici buche i risultati delle indagini svolte per la Dda di Napoli dal geologo Giovanni Balestri. La falda acquifera è ormai contaminata da sostanze cancerogene. Ma tra le istituzioni è già polemica. Il primo cittadino della Terra dei Fuochi, Giovanni Pianese, chiede un tavolo istituzionale. La responsabilità di chiudere i pozzi che servono a irrigare una delle zone più fertili, ma anche più inquinate, della Campania in questo modo, toccherebbe ad altri. Per il liquidatore del commissariato alle Bonifiche, Mario De Biase, invece, c'è poco da discutere: all'autorità sanitaria sul territorio, cioè al sindaco, tocca agire. E subito. I risultati delle indagini dell'Arpac, infatti, lasciano poco spazio ai dubbi. De Biase ha già chiesto all'Agenzia regionale per la protezione ambientale di analizzare le acque di altri trenta pozzi: se le indagini confermeranno ancora la diagnosi di Balestri la chiusura risulterà generalizzata. L'obiettivo finale è quello di monitorare tutti i 190 pozzi censiti nel giuglianese. Non a caso il geologo toscano parla di un disastro ambientale inevitabile entro il 2064: la zona è stata avvelenata da 14 mila tonnellate di percolato provenienti dalla Resit dell'avvocato Cipriano Chianese. Uno scempio raccontato dal manager dei rifiuti pentito, Gaetano Vassallo, e confermato prima dalle analisi del geologo toscano e poi da quelle dell'Arpac. Spiega l'esperto nella sua relazione alla Procura: «Il ritrovamento in falda di sostanze cancerogene quali il tricloro e il tetracloro etilene direttamente e unicamente riconducibili alle attività delle discariche Resit in località Scafarea e alla tipologia dei rifiuti in essa smaltiti... comporta l’avvelenamento della falda acquifera sottostante gli impianti». Secondo Balestri la contaminazione futura della falda acquifera si estenderebbe «sin oltre i confini provinciali interessando la popolazione di numerose masserie che utilizzano ancora i propri pozzi anche per l'uso alimentare personale. Ugualmente in zona si trovano numerose attività agricole e zootecniche che utilizzano l'acqua estratta da questa falda per l’irrigazione e il beveraggio». Nella Resit sarebbero state sotterrate 341 mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi, a cominciare dai fanghi dell'Acna di Cengio; 160 mila e 500 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi; 305 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani. E gli sversamenti sarebbero continuati fino al 2008 anche se il sito era stato sequestrato già nel 2004. Quella della discarica killer t è una delle storie più incredibili dell'infinita emergenza rifiuti. Lo sversatoio aperto in località Scafarea dall'avvocato Chianese fu utilizzato dal commissariato di governo. Nel periodo dal 2001 al 2003 il sub commissario Facchi aveva concesso a Chianese, già più volte indagato, di ampliare del venti per cento le volumetrie della Resit per portarvi rifiuti speciali e questo ha fatto sì che negli invasi già congestionati si mescolassero i rifiuti pericolosi con quelli urbani. Poi tra il 2003 e il 2004, quando il sito fu gestito dal consorzio di bacino Napoli 3, si sarebbe realizzato un ulteriore sovrasfruttamento anche a causa dell'accordo raggiunto con Fibe Campania per lo stoccaggio delle balle. E Balestrieri spiega: «Tale stoccaggio, finito subito male per i ripetuti incendi, non doveva essere assolutamente messo in opera». Ora le indagini dell'Arpac confermano quello che il geologo aveva già annunciato. Ma il doppio riscontro non basta a convincere Pianese della necessità di agire subito. Il sindaco infatti sottolinea: «Ho chiesto tavolo istituzionale mi è stato risposto che la competenza è del commissariato per le bonifiche: allora si prenda lui la responsabilità di chiudere. Io non posso essere chiamato a ratificare decisioni altrui. Certo, bisogna tutelare la salute, ma bisognerà anche vedere quali saranno gli influssi sull'agricoltura. I nostri prodotti sono costantemente monitorati dalle industrie che li comprano per surgelarli e i risultati hanno sempre mostrato che non sono pericolosi».