Mele e arance dei campi di Chiaiano. Slow Food: sono sicure

Patto tra associazioni e ente parco per distribuire la frutta a mense scolastiche e ristoranti
16 marzo 2011 - Davide Cerbone
Fonte: Il Mattino

Il sole di fine inverno non discrimina. Dispensa le sue carezze anche a un palmo dall'imbuto della munnezza, dove tra le rigogliose campagne di Chiaiano i colori spenti dell'inverno già lasciano spazio al verde. Gli alberi che si affacciano sulla cava colma di rifiuti quasi fino all'orlo offrono i primi frutti: mele, arance e mandarini. Sono quelli che Slow Food, marchio simbolo del mangiar sano, vorrebbe consegnare alle mense delle scuole elementari napoletane e a noti ristoranti della città. Lo sancisce un accordo stipulato con l'Ente Parco delle Colline di Napoli. L'intento è quello di sostenere l'economia agricola del luogo, promuovendo allo stesso tempo la cosiddetta «filiera corta» della distribuzione. «Salvare questi agricoltori è il nostro primo obiettivo - spiega Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Campania -. E poi vogliamo far conoscere ai napoletani le produzioni della loro terra. Costituendo con gli agricoltori le Comunità del Cibo, difendiamo la biodiversità». Il problema, secondo alcuni cittadini, è che queste coltivazioni sorgono a pochi metri dalla Cava del Poligono, nella quale si staglia una montagna di 800mila tonnellate di rifiuti. Una mega-pattumiera nel bel mezzo del bosco. «Lì sotto la falda arriva fino ai Campi Flegrei», punta il dito nella discarica Matteo Brambilla, segretario dell'associazione per la sostenibilità ambientale «Terra Futura». E domanda: «La sente la puzza? Si può mai coltivare qui senza pensare che ci siano dei rischi? L'acqua per irrigare i campi, questi contadini, da dove la prendono?». In effetti il vento porta fin dentro le narici l'odore nauseabondo dei rifiuti che si cumulano giorno dopo giorno sotto palate di terra. Nel silenzio desolato della cava numero 7 non risuona altro che il verso dei gabbiani. Ma è solo un playback surreale: lo sparano nell'aria gli altoparlanti montati sugli altissimi pali piantati dentro la discarica. Serve per attirare gli spazzini del cielo, pare. «Abbiamo un gruppo d'acquisto di 20 famiglie - prosegue Brambilla, uno degli animatori delle proteste anti-discarica -. Se Slow Food accettasse di condurre delle analisi sui terreni, sulle acque e sul raccolto, saremmo lieti di dare il nostro appoggio. Tutelare le produzioni locali è fondamentale, ma la nostra salute viene prima di ogni cosa». Una priorità che Pascale riconosce: «Quello che abbiamo in mente è un percorso fatto di varie fasi. Certo, la sicurezza alimentare è un principio fondamentale e se la discarica dovesse determinare un rischio questo ci indurrebbe a riflettere. Ma le analisi sui prodotti fatte finora non ci inducono a recedere». A dirimere la questione, in ogni caso, vengono in soccorso le ruggini dell'ingranaggio burocratico: fatti pochi passi, per ora, il cammino di Slow Food e Ente Parco delle Colline si è arenato.

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