Incubo Pasqua, viaggio nei veleni che verranno

TRa un mese stop alla cava di Chiaiano
Cronaca della "monnezza" annuciata
15 marzo 2011 - Pietro Treccagnoli
Fonte: Il Mattino

Aprile è un mese crudele. Lo sapeva bene Eliot. Mette a nudo la terra desolata che è anche terra di scarti e di rifiuti. Così, in questo mese ridente e fuggitivo, Napoli sta vivendo la sua nuova Via Crucis della monnezza. Chi sperava in una resurrezione è rimasto deluso. Non volano le colombe, ma solo i piccioni che ingrassano con la spazzatura contesa alle zoccole stanate dalle fogne dal primo vero caldo della stagione. La discarica di Chiaiano ha ormai chiuso. Satura fino allo spasimo di rifiuti pressati e percolanti. L’ultima discarica come l’ultima frontiera. Mentre a Napoli vanno di scena i comizi per la campagna elettorale per Palazzo San Giacomo, il Municipio è un fortino assediato e circondato dai sacchetti lanciati dalle mamme vulcanizzate dei Quartieri Spagnoli, della Sanità, di Ponticelli, ma pure del Vomero e di Fuorigrotta. Perché la peste nera della sacchetta a piede libero è democratica, colpisce patrizi e plebei. I candidati hanno voglia di tapparsi il naso e promettere. Sembrano tutti dei galli sulla monnezza. Meglio sperare in un ex-voto che in un voto. Erano facili previsioni quelle di marzo, ancora fresco e piovoso: senza alternative serie, quando la cava del Poligono, sulla collina dei ciliegi, sarà riempita, si scatenerà la primavera del nostro scontento. È il 15 aprile e così è stato. Come una condanna ciclica sono calate in città, tra Toledo e il Lungomare, le telecamere di mezzo mondo per mostrare la vergogna che non finisce mai, il passato che non passa, lo scuorno mediatico che non riusciamo a toglierci dalla faccia. In giro si vedono più giornalisti che turisti. Le prenotazioni sono precipitate. Alberghi quasi vuoti. Pizzerie con forni a scartamento ridotto. Capodichino ha più gente in partenza che in arrivo: chi può non si lascia sfuggire un last minute per qualunque posto. Lontano dalla puzza, lontano dal cuore. Fly to Nowhere? Va bene pure quello. I riti di Pasqua quest’anno saranno un continuo venerdì di lutto. Solo processioni di penitenti, niente struscio del giovedì santo. E che vuoi strusciare tra i marciapiedi ingombri di cartoni, resti di fieri pasti, sedie sfasciate, gli involucri di plastica delle uova di cioccolato consumate prima del tempo, bottiglie e zuzzimma di qualsiasi forma? Persino i pochi quartieri che hanno sperimentato la raccolta differenziata sono allo stremo. I cassonetti colorati sono stati sommersi dai sacchetti portati dagli rioni. La monnezza cambia domicilio, come in gioco dell’oca della disperazione. Le scuole chiuderanno per le vacanze, ma può darsi che non riapriranno. La provincia è ridiventata la terra dei fuochi e dei roghi. Anzi non ha mai smesso di esserlo. Lungo le strade serpentoni di monnezza, per chilometri e chilometri, da far impazzire Google Earth. Di notte vengono incendiati. E non servono a niente gli appelli a non aggiungere veleno a veleno, diossina a percolato. Lo scenario è postatomico. C’è chi è schiacciato dallo tsunami, con la scia maledetta di scorie radioattive, e chi è sopraffatto dall’incapacità di smaltire i rifiuti di casa: è tutta un’altra scoria. Di camion compattatori in giro non se ne vedono. Sono rimasti in fila, come una carovana di elefanti sazi, davanti alla cava di Chiaiano in quella Cupa del Cane dove sono tornati i presìdi. Si teme una riapertura e sono tutti sul piede di guerra. Con la polizia e i carabinieri in tenuta antisommossa a scattare al primo accenno di violenza. Ma la provincia intera pullula di raduni autoconvocati, comitati autorganizzati, barricate autoprodotte, mentre la mobilitazione corre sui social network, tra un cinguettio di Twitter e un link su Facebook. Terzigno teme di dover riaprire alla spazzatura napoletana e non solo più a quella dei 18 comuni vesuviani. A Taverna del Re stanno con l’orecchio appizzato perché le piramidi maya nascondono sempre maledizioni. E persino Pianura vive con il fiato sospeso. È ormai una dannazione: non c’è festa comandata libera dall’incubo della monnezza. Natale, complice la crisi economica, sotto l’albero ha visto più sacchetti che pacchi di regali. E, ora, le sorprese dalle uova sono scontate, nessuno le aprirà: non vuole correre il rischio di trovarsi di fronte un piccolo gabbiano affamato piuttosto che un tenero e rassicurante pulcino. * * * Accadde domani. Come è accaduto ieri.

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