Consorzi caos alla Provincia la grana stipendi
Per la Consulta non esistono, ma continuano a gestire appalti e a pagare regolarmente lo stipendio a 2163 dipendenti: tra di loro anche i 424 che sono usciti dalla pianta organica. La sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato le norme regionali, rende, se possibile, ancora più paradossale la situazione dei consorzi che operano nel settore rifiuti. La norma abrogata stabiliva che potessero slittare i termini del passaggio dei dipendenti alle società provinciali. Ora la Consulta ha chiarito che non sono più possibili rinvii e la parola torna alle Province che dovrebbero procedere alle assunzioni attraverso le proprie partecipate nel settore dei rifiuti. «Stiamo studiando la situazione e la risolveremo alpiù presto», dice il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro. Ma intanto gli sprechi continuano, mentre la magistratura continua a setacciare i faldoni accumulati negli anni dai dirigenti dei consorzi. Dal 2000 le leggi che hanno regolato la vita di questi carrozzoni clientelari si affastellano e spesso di contraddicono. E anche scioglierli sembra essere una impresa superiore alle forze dei legislatori e degli amministratori che dovrebbero applicarne le decisioni: sul tema sono già stati sfornati due decreti, il 195 del 2009 e il 196 del 2010, ma la situazione è restata praticamente immutata. Almeno tra Napoli e Caserta, dove i 2163 dipendenti continuano a percepire regolarmente lo stipendio anche se la dotazione organica preparata dall'allora commissario liquidatore Gianfranco Tortorano e approvata dalla protezione civile a settembre, prevedeva 424 esuberi. Nessuno è andato in cassa integrazione, come pure il decreto 195 prevedeva e la logica pretendeva. Basti pensare che il consorzio napoletano ha 749 operai e 132 amministrativi per servire tre piccolissimi Comuni. E alcuni dipendenti guidati dal Sindacato Azzurro hanno denunciato i dirigenti e hanno chiesto i danni sostenendo di essere stati danneggiati dalla decisione di lasciarli a casa. Pagati e disoccupati. Pagati, e non è chiaro né come né perché, dalle Province di Napoli e Caserta che dovranno far ricadere (lo prevede la legge) la spesa sulla tassa dei rifiuti. Sei milioni di euro sborsati da settembre a oggi solo per i 424 lavoratori che dovrebbero essere messi fuori dalla pianta organica. Un obiettivo, però, sembra aver centrato il legislatore decidendo lo scorporo delle articolazioni di Napoli e Caserta: gran parte degli esuberi dovranno essere gestiti dagli amministratori di piazza Matteotti. E sarà difficile trovare un'occupazione anche ai dipendenti che non andranno in cassa integrazione: non ci sono comuni da servire (le amministrazioni hanno appaltato il servizio) e le discariche continuano a essere gestite dai privati. La sentenza della Consulta, però, fa chiedere al cartello dei sindacati autonomi (portavoce Vincenzo Guidotti) l'immediato passaggio di tutti i lavoratori alle Province, come prevedeva la precedente legge regionale. I consorzi intanto pur essendoin liquidazione (come è scritto perfino nella loro carta intestata) non rinunciano a organizzare nuovi appalti. L'articolazione di Caserta ha appena pubblicato un bando per 570 mila euro per il trasporto e lo smaltimento del percolato. E proprio ieri sul sito è comparso un altro bando per il recupero dei rifiuti ingombranti della discarica Lo Uttaro. A firmarli sono i dirigenti di un ente che per la Consulta non dovrebbe nemmeno esistere.