Rabbia alla cassa: 20 centesimi in più nello scontrino della spesa

Le proteste nei supermercati: "Contenitori solo a pagamento e sono pure fagilissimi"
2 marzo 2011 - Ciro Pellegrino
Fonte: Il Mattino

Due mesi di divieto non sono bastati a togliere dalla circolazione le buste di plastica: in molti mercati rionali e in alcuni negozi gli shopper non biodegradabili, comunemente usati per il trasporto di merci, resistono strenuamente. In una buona parte di esercizi commerciali del centro antico e periferia i sacchetti in polietilene, seppur messi al bando all'inizio di quest'anno con un'ordinanza del Comune, non sono affatto spariti dalla circolazione. E dire che l'ordinanza di Palazzo San Giacomo, nata da una direttiva comunitaria, parla chiaro: dal 1 gennaio esercizi commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande che siano fissi o mobili, non possono più distribuire, gratuitamente o a pagamento, sacchetti che non siamo biodegradabili, pena una sanzione oscillante tra i 25,82 ed i 150,94 euro. Un primo periodo di tolleranza, spiegano dal Comune, c'è stato per consentire l'esaurimento delle eventuali scorte. Ma ora iamo nel mese di marzo e dal Borgo Sant'Antonio Abate al Perrone di Secondigliano, da Antignano al Vomero ai mercati di Bagnoli e Fuorigrotta, è tutto un fiorire di massaie con le ormai arcinote buste. Facili da riconoscere: sono bianche e lucide, a differenza di quelle biodegradabili che sono più morbide al tatto e di colore opaco. E poi i sacchetti ecologici hanno un marchio che li distingue da tutti gli altri. Gli ambulanti non hanno preso nemmeno in considerazione le ecobuste, così come molti negozi di generi alimentari. Motivo? Si rompono troppo facilmente. «E poi quelli "normali" costano di meno - dice don Antonio, salumiere del rione Sanità -. Posso mai far pagare dieci centesimi per ogni busta quando la gente è capace di cambiare negozio anche per cinquanta centesimi di risparmio? Già i centri commerciali ci hanno tolto tanta clientela. Che dobbiamo fare?». Il costo è uno dei problemi: le grandi catene di ipermercati e supermarket sono state le prime ad adeguarsi offrendo alla propria clientela i bio-shopper, totalmente degradabili, realizzati con gli scarti delle lavorazioni del mais o dei girasoli. Il problema, in questo caso, è il costo, che ricade tutto sul consumatore: se prima ogni sacchetto costava 5 centesimi, ora sullo scontrino vengono caricati dai 10 ai 20 centesimi. Ovvero 400 delle vecchie lire. L'alternativa c'è sempre ed è duplice. Anzitutto, il riutilizzo dei sacchi, biodegradabili o meno, finquando non sono rotte e dunque da buttare. Uno degli accessori più gettonati dell'ultimo periodo, lo confermano i commercianti di articoli per la casa della Pignasecca, è ad esempio il «portabuste da cucina»: cinque euro per tenere da parte, sistemati e pronti al riutilizzo, i sacchetti. «All'inizio mi sono fatto prendere alla sprovvista, dice Enzo, appena uscito da un discount in via Foria - poi ho imparato a ricordare di portarmi le buste da casa. Così io risparmio e allo stesso tempo non ne consumo tante, che pure è una cosa positiva per l'ambiente». L'altra possibilità che va sempre più diffondendosi è quella drastica: rinunciare del tutto agli shopper e affidarsi ai prodotti in fibra naturale (canapa, tela) o a quelle di plastica cerata grosse e indistruttibili, in alcuni casi corredate di rotelline, tipo trolley da viaggio. Il costo? Si parte da 1,50 euro ai 7 euro per il modello «carrellino» ma durano a lungo. Anche in questo caso, però, vale la regola della memoria: bisogna ricordarsele prima di uscire a fare la spesa. Altrimenti è tutto inutile.

Powered by PhPeace 2.6.4