Dalla vecchia Nu all’azienda speciale diciotto anni tra politica e malaffare

Cambiano le amministrazioni i partiti e le aziende provate ma ritornano sempre gli stessi nomi
23 febbraio 2011 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

Amministrazioni diverse, partiti diversi, sigle aziendali diverse, stessi protagonisti. L’affare monnezza ha radici antiche nel territorio napoletano. Comincia infatti dalla spazzatura la tangentopoli campana. Nel '93 l'indagine sulla privatizzazione della raccolta rifiuti porta nel mirino dei giudici l'assessore Antonio Cigliano e l'imprenditore Gabriele Serriello, patron della Sigea, l'azienda vincitrice dell’appalto. Serriello dal carcere tira in ballo l’ex deputato dc Alfredo Vito che poi racconta ai giudici i retroscena di molti affari sporchi. La Sigea avrebbe vinto la gara grazie a tangenti pagate agli esponenti del Psi e della Dc. Nell’inchiesta sulla prima munnezzopoli entrano, con Serriello e Cigliano, Eugenio Buontempo, Pasquale Cautiello e Antonio Merlo, all’epoca amministratore della Slia, una società del gruppo di Manlio Cerroni, il proprietario della megadiscarica di Malagrotta dove finiscono tutti i rifiuti romani. Nella Slia nel 2001 fa il suo ingresso anche Stefano Gavioli. L’azienda detiene anche il 50 per cento di Cetan un’azienda che era stata controllata fino al ’96 dalla Elektrica dei La Marca e dei Di Francia (che avevano gestito la discarica di Pianura) messa in liquidazione nel ’97. Sia le imprese dei La Marca che quelle dei Di Francia sono state colpite da interdittive antimafia. Intanto con la delibera numero 210 del ’99 il Comune di Napoli decide di creare una società per la raccolta dei rifiuti. Nasce Asia dove confluiscono non solo i dipendenti comunali del settore, ma anche gli Lsu in attesa di stabilizzazione. L’azienda ha molto personale (il rapporto più alto d’Italia tra addetti e popolazione servita) ma pochi mezzi: bisogna acquistare i compattatori, i contenitori e quasi tutto quello che è necessario per garantire il servizio. Nel 2005 la partecipata del Comune di Napoli (nel 2003 è diventata Spa) stipula con la Slia (che, non dimentichiamolo, aveva avuto tra i suoi amministratori quel Merlo implicato in tangentopoli) un contratto di 36 mesi per più di quindici milioni di euro. La società laziale-veneta aveva infatti vinto uno dei quattro lotti messi a gara. L’anno successivo il rappresentante legale di Asia, Lino Bonsignore, firma un contratto con l’amministratore delegato di Slia, Giovanni Faggiano, per altri 58 milioni. Nel 2007 la Slia cede i contratti a Enerambiente del gruppo Gavioli che nel 2008 subentra anche alla Siet che gestiva altri due lotti della raccolta. Tra i dirigenti di Enerambiente c’è Corrado Cigliano, figlio di Antonio, l’ex assessore socialista, e fratello di Dario, consigliere provinciale del Pdl. Nel 2009 gli ispettori della Asl in un sopralluogo nel deposito Enerambiente di via De Roberto, denunciano la presenza nel cantiere dei lavoratori di una cooperativa, la Davideco, e l’ispettorato del lavoro dà il via a una serie di accertamenti. Nel 2010, scaduto l’appalto, Daniele Fortini (diventato amministratore delegato dell’Asia nel marzo del 2008), organizza una nuova gara che viene però annullata perché per ogni lotto c’è di fatto una sola offerta. Si punta su un bando europeo e l’appalto va a Enerambiente (2 lotti) e a due imprese liguri, Lavajet e Docks Lanterna, (3 lotti). Enerambiente sospende il contratto con la Davideco i cui dipendenti provenivano tra l’altro in gran parte dalla cooperativa San Marco che era stata a sua volta colpita da interdittiva antimafia. Siamo ormai nell’estate del 2011. A settembre partono i raid contro il deposito di Enerambiente che portano a sei arresti: tag gli altri finisce in manette Salvatore Fiorito, responsabile della coop. Ma nel frattempo Enerambiente viene colpita da una «interdittiva antimafia atipica» della prefettura di Venezia. Gli 007 veneti sottolineano che dalle indagini della Dia di Padova sono emersi «acclarati collegamenti» tra l’amministratore delegato Giovanni Faggiano e Antonio D’Oriano, figlio di Domenico che secondo la Dia sarebbe anello di congiunzione tra il clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia e la Sacra Corona Unita. Faggiano e D’Oriano sono stati condannati per concorso in corruzione aggravata nell’operazione «Brindisium». Non solo: la Dia ha accertato «rapporti di dubbia natura» tra Stefano Gavioli e Angelo Zito arrestato dalla Dia di Palermo con l’accusa di riciclare i soldi dei fratelli Graviano. Zito nel 2009 era stato segretario dell’assemblea straordinaria che aveva deliberato il cambiamento di nazionalità e il trasferimento dal Lussemburgo all’Italia della società Ecomanagement che deteneva le azioni di Enerambiente. Contestualmente Stefano Gavioli diventava amministratore unico. E non finisce qui: il 22 settembre del 2010 (pochi giorni prima della devastazione dei depositi di Enerambiente) Faggiano viene coinvolto nella maxi inchiesta che porta, in Abruzzo, all’ \arresto dell’assessore alla Sanità Lanfranco Venturoni. Le indagini girano intorno a un presunto giro di tangenti nel settore del trattamento dei rifiuti e dei termovalorizzatori. I nomi di Faggiano e Corrado Cigliano emergono anche nell’ordinanza con la quale il gip Isabella Iaselli dispone l’arresto dei dipendenti di Davideco: «In tutte le intercettazioni ambientali - scrive il magistrato - si fa riferimento ad accordi sotterranei convenienti per tutti, a minacce già poste in essere in passato, a rapporti privilegiati con deteminati capocantieri, alla necessità di far intendere con la forza quanto i nuovi arrivati, che hanno estromesso il Faggiano e il capocantiere Corrado (con i quali aveva un’intesa) non hanno voluto comprendere dalle parole di Fiorito ”Ora stai a Napoli”».

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