«Gravi danni al territorio e alla salute»
La «consegna del silenzio e dell’omissione», ma anche il ricorso sistematico a una serie di comportamenti tesi a «dissimulare la realtà», a garantire controlli che rimanevano tali solo sulla carta e a prospettare situazioni che rimanevano lontanissime da quello che poi era lo stato delle cose. Il grande «bluff» (il termine è quello usato dal gip) messo in piedi dagli indagati sarebbe la linea guida seguita dai funzionari e dipendenti del commissariato per l'emergenza rifiuti in Campania, che sono finiti agli arresti domiciliari. I loro comportamenti vengono ricostruiti nell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari Rosanna Saraceno. Passaggi forti. Il gip definisce come «generalizzate quanto deplorevoli ed inquietanti le prassi che hanno connotato l’intera abusiva gestione». le frasi sono contenute nel capitolo della imponente ordinanza cautelare (643 pagine) che è dedicato alle esigenze cautelari dell’ordinanza eseguita ieri dai carabinieri del Noe nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dei rifiuti in Campania. Il magistrato cita, tra l’altro «la consegna del silenzio e dell’omissione», nonché «il ricorso ai più disparati espedienti per la dissimulazione della realtà, controlli apparenti, controllo dei controllati, valenza esclusivamente scenografica di riunioni per l’allestimento dati, il cui dichiarato possesso era solo un bluff». Il giudice per le indagini preliminari sottolinea inoltre la «“rinaturalizzazione” dei prodotti in uscita dagli impianti, false autocertificazioni, la falsità dei risultati analitici e di caratterizzazione dei rifiuti», e le «falsità ideologiche in atti pubblici». Ma c’è di più. Il gip Saraceno sottolinea anche come «molti degli indagati siano stati preposti all’esercizio di una funzione pubblica e comunque abbiano assolto quotidianamente compiti e incarichi di estrema delicatezza e di massima serietà». Identica delicatezza caratterizza anche il capitolo dedicato al ruolo svolto dai privati. Ma l'espletamento del loro servizio «sembra però polarizzato al conseguimento di personali vantaggi», con gravi e inevitabili compromissioni per «il territorio, l’ambiente, la salute». Accogliendo la tesi dei magistrati inquirenti, il giudice è convinto che gli indagati «hanno disinvoltamente realizzato le illecite condotte» in un «gioco di squadra assolutamente sincrono, le cui regole sono state tempestivamente recepite e applicate dai singoli giocatori che si sono avvicendati sul campo». Un gioco di squadra, insomma, ma anche un gioco basato su un bluff. Ieri si è appreso un altro particolare dell’inchiesta. Il 20 gennaio, quando i pubblici miniseri Paolo Sirleo e Giuseppe Noviello chiusero l’indagine, trasmisero all’Ufficio Gip il voluminoso dossier contenente le richieste di misure cautelari. E si scopre che la Procura voleva l’arresto in carcere per tutti i detinatari delle misure cautelari. Nella richiesta i pm proponevano infatti la misura cautelare della custodia in carcere per tutti gli indagati. Richiesta non condivisa e respinta dal giudice Saraceno, che ha disposto i domiciliari ritenendo che «le esigenze di cautela sociale appaiono adeguatamente salvaguardabili attraverso la misura degli arresti domiciliari del tutto proporzionata, per altro, all’entità degli addebiti». Gli interrogatori di garanzia degli indagati inizieranno domani e si dovrebbero concludere nella giornata di venerdì.