«Lanciai l’allarme per tre volte in cambio solo il loro disprezzo»

La deposizione del dirigente dell'Amministrazione Provinciale che si oppose agli sversamenti
16 febbraio 2011 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Lui spediva note scritte, gli altri rispondevano a voce, per lo più in riunioni fiume nel corso delle quali l’unico argomento che sbandieravano erano le «ragioni di opportunità». Battaglia impari, tipo Davide e Golia. Anno 2007, lo sfondo immobile è quello della immondizia, della emergenza rifiuti, delle tante facce di una crisi non ancora risolta. A segnalare scompensi, contraddizioni e criticità, è stato per anni un dirigente della Provincia, l’ingegner Sarno, nominato dal 2007 alla guida del Monitoraggio e tutela delle acque, per conto dell’amministrazione di Palazzo Matteotti. Una testimonianza decisiva la sua, tanto da essere depositata agli atti dell’inchiesta che ha macinato arresti di manager privati e dirigenti pubblici, tutti impegnati sul fronte dell’emergenza percolato. È stato ascoltato in Procura e ha raccontato le sue mosse finalizzate a impedire che quel fiume nero prodotto dalle discariche napoletane finisse a mare senza incontrare alcun ostacolo, senza impattare su alcuna diga amministrativa. Lui, l’ingegner Sarno, ai pm ha mostrato tre pezzi di carta: sono tre note girate a tutti, dai vertici del commissariato antirifiuti, alla Regione, fino alle forze di polizia impegnate nel campo della tutela ambientale. Ascoltato in Procura, ha raccontato la sua storia ai pm Giuseppe Noviello, Paolo Sirleo, Pasquale Ucci, titolari dell’inchiesta sulla gestione del percolato. Per mesi, dunque, le note scritte dall’ingegnere, che riguardavano le condizioni dei depuratori di San Giovanni a Teduccio, di Cuma e della Foce del Sarno. Strutture che non depuravano il liquido che veniva poi sversato in mare, almeno stando a quanto emerge dall’inchiesta in corso. Ecco cosa viene raccontato nelle note firmate da Sarno, stando agli atti investigativi depositati nel corso del procedimento: «Soggetti pubblici mossi solo dall’obiettivo di trovare un luogo attraverso cui scaricare il percolato a mare, mentre con la nota di Sarno si rammentava la relazione dell’Arpac sulla inadeguatezza della vasca a ospitare percolato». Più avanti, proprio affrontando la posizione di Sarno, proprio valutando il senso della sua testimonianza acquisita agli atti, la Procura fa esplicito riferimento a «una realtà da tutti conosciuta e da tutti taciuta», ma anche di «illiceità che fino ad allora (cioé prima delle note scritte da Sarno) erano state ipocritamente realizzate». Poi ci sono dati numerici, schedature tecniche, che affrontano la questione dei valori del percolato conferito, che sarebbero stati altamente inquinanti: «Percolato con valori ”cod” pari a più del doppio, tanti che dal 28 luglio raggiungono una incredibile punta di 250mila mg, mantenendosi su questi incredibili livelli, che avrebbero dovuto fornire una attestazione certa di non trattabilità del percolato e di sostanziale invio diretto in mare». Inchiesta in corso, diversa ovviamente la posizione dei manager di aziende private e dei dirigenti commissariali - tra cui De Biasio e Schiavone, che hanno fatto ricorso al Riesame - che ribadiscono un punto su tutti: la drammatica condizione di emergenza che impediva - per motivi di opportunità - soluzioni alternative a quelle adottate dalle amministrazioni territoriali.

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