Il quartiere non si arrende, ricorso al Tar

28 maggio 2008 - Pietro Treccagnoli

Buon appetito. Buon lavoro. A un tavolo del ristorante «’O Cancellino» ci sono tre poliziotti: «È tutto tranquillo». Tranquillo è poco. Mentre a monte della Cupa dei Cani lavorano i tecnici per le verifiche sulla cava del Poligono, alla rotonda Titanic c’è la quiete dopo il naufragio. I cassonetti che componevano la barricata sono sciolti e sparsi ai lati della strada, ritornati alla loro funzione. L’auto rossa rottamata, una delle tante distrutte, è vicino all’edicola. Sul lunotto posteriore è attaccato un foglio: «Ogni anno alla festa della ciliegia, la Iervolino ha in dono dai Chiaianesi un cesto di ciliegie. Anche quest’anno l’aspettiamo. Le abbiamo conservato le migliori». Il sole è africano. I pochi «giapponesi» che presidiano i gazebo si rifugiano all’ombra. Hanno poca voglia di parlare con i giornalisti che sono sul banco degli imputati. Persino le tv sono snobbate. Anche se, in alcune ore ci sono più telecamere che «resistenti». Più su, al presidio della Cupa, in quella sorta di campeggio che dura da quasi un mese, giovani e anziani prendono il fresco. Sono imbufaliti con la stampa: «A vuie Gomorra v’è ghiuta ’ncapa, vedite ’e clan pe’ tutt’e parte». Questa non è l’ora della piazza. Se ne parlerà tra venti giorni, quando dovrebbero finire i rilievi. I legali dei manifestanti stanno preparando un ricorso al Tar della Campania. Una signora ha una borsa piena di volantini. Li distribuirà nei quartieri di Napoli per spiegare le ragioni del no: «Vogliono metterci uno contro l’altro, ma i napoletani dovrebbero essere solidali». A via Poggio Vallesana, confine tra Chiaiano e Marano, nella carreggiata ci sono ancora alberi tagliati, carcasse d’auto, cumuli di spazzatura. Riescono a passare solo pedoni e motorini. Ieri è arrivato l’ordine tassativo di rimuovere tutto entro 36 ore. In pratica, per domani mattina. Ma il sindaco di Marano, Salvatore Perrotta, con quello di Mugnano, Daniele Palumbo e il presidente della Municipalità, Carmine Malinconico, hanno rilanciato con una proposta. «Organizzeremo una sorta di sagra della ciliegia» spiegano «con stand gastronomici e l’esposizione di cartelloni per spiegare alla popolazione quanto sia necessario investire sulle nostre risorse invece di puntare sulle discariche». Vorrebbero addirittura trasformare la strada maledetta in un’isola pedonale, per lo struscio. Una sorta di esorcismo per impedire che lo spadone della monnezza colpisca la loro testa. Ma ieri pomeriggio, quando è arrivato un camioncino del Comune per fare spazio al palco e rimuovere il grosso pino che ostruisce il primo tratto della strada, c’è stato un po’ di «scommodo», con le proteste di un gruppetto del popolo anti-monnezza, mentre una parte dei ragazzi di Insurgencia faceva da pompiere, per dimostrare di non essere sempre irriducibile. Alla fine s’è deciso di spostare il tronco, senza rimuoverlo del tutto. L’eco dell’inchiesta «Rompiballe» qui scatena sarcasmo e ragionamento. E sfiducia. «Facevamo bene a sospettare, sarebbe stato meglio non farli entrare» commentano a denti stretti. Se le manette fossero scattate qualche ora prima, qui si sarebbe intonato, per molto ancora, il «no pasaran». «È un pugno nello stomaco» aggiunge Perrotta. «Un quadro inquietante che spiega il disorientamento dei nostri cittadini, accusati di essere affetti dalla simbrome nimby». Ironizza invece Pietro Rinaldi, tra i leader dei Centri Sociali: «Al tavolo della trattativa sembrava che i pericolosi fossimo noi, ma nel mirino della magistratura è finito chi stava seduto dall’altra parte». E ricorda il prossimo appuntamento ufficiale: domencica prossima con la nuova marcia dalla stazione del metrò alla «Titanic». Chiaiano sogna la rivincita.

 

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