Immondizia all'estero, stangata da 40 milioni

Oltre 288mila tonnellate da smaltire in attesa delle discariche. Tarsu, aumenti per i comuni
12 febbraio 2011 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

Costerà almeno quaranta milioni di euro portare i rifiuti campani in giro per l’Italia e per l’Europa. E questo mentre le società provinciali e i Comuni sono sull’orlo del collasso, come è stato più volte evidenziato anche giovedì sera nel corso del vertice romano con il ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo e il sottosegretario Gianni Letta. Basti pensare che al 31 gennaio del 2010 la Sapna di Napoli doveva alla struttura stralcio la bellezza di 7 milioni e 143mila euro per i conferimenti effettuati e non pagati. In totale le società delle cinque Province devono ancora pagare 12 milioni e 913 mila euro. Per non parlare dei quasi 400 milioni di euro di debiti che gravano sui comuni per il solo settore rifiuti. Ma i buchi di bilancio, lo hanno denunciato giovedì i presidenti delle Province, sono destinati ad aumentare e mettono a serio rischio la stabilità economica degli enti locali. Non a caso da mesi l’assessore regionale Giovanni Romano parla di una crisi che è soprattutto finanziaria. Ciononostante si continua a spendere. E soprattutto, in attesa della realizzazione delle cinque nuove discariche previste dal piano del presidente Cesaro, sarà costretta a spendere la Sapna che ricaricherà i costi sulla Tarsu pagata dai cittadini dei Comuni che non accetteranno di accogliere gli sversatoi. Per conferire in discarica si sborsano intorno ai 90 euro a tonnellata. Portare i rifiuti in giro per il mondo costa ovviamente molto di più. Facciamo due conti. Tra Napoli e provincia si producono quotidianamente 3.200 tonnellate di rifiuti. Di queste 400 finiscono a cava Sari (altre 300 si portano attualmente a Chiaiano, ma ad aprile il sito sarà esaurito), restano 2.800 tonnellate. Circa 400 finiscono allo stir di Santa Maria Capua Vetere (e qui si pagano 140 euro a tonnellate), le restanti 2.400 vengono portate agli stir (80 euro). Dagli impianti escono più o meno 1.200 tonnellate di frazione umida e 1.200 di frazione secca che in parte finisce al termovalorizzatore di Acerra (circa 800 per le quali si paga 51 euro a tonnellata). Saranno, quindi, circa 1.600 le tonnellate da mandare in giro ogni giorno. In sei mesi 288mila tonnellate: calcolando una media di 140 euro a tonnellata giornaliera (ma in alcuni casi si spende di più) fanno 40 milioni che si vanno ad aggiungere alle spese legate al normale ciclo di smaltimento. Più del doppio di quello che si spenderebbe portando la spazzatura in discarica. Almeno quattro volte quello che si spende nei termovalorizzatori che bruciano tal quale. E il sistema è anche rischioso: non solo perché il settore dei trasporti è pesantemente infiltrato dalla malavita, ma anche perché lo stop è sempre incombente. Basti pensare che da ieri la Puglia ha fermato i conferimenti perché insieme alla frazione umida concordata tra le Regioni, al di fuori dell’appalto già firmato dal generale Morelli che stabiliva il prezzo di 138 euro a tonnellata, il Cite (il consorzio che sta curando l’affare) ha portato anche la spazzatura proveniente dagli stir di Tufino, Giugliano e Battipaglia. L’impresa, infatti, è al lavoro anche per la Sapna, ma la società provinciale non paga quel supplemento di ecotasse (10 euro in più) concordato direttamente tra gli assessori regionali. Per risolvere il problema l’azienda si è rivolta all’assessore Romano che nei prossimi giorni si dovrà far carico di risolvere il problema.

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