I pm: «Il decreto è contro di noi»

Con un documento al Csm la procura di Napoli si ribella al governo: «Un provvedimento incostituzionale che favorisce chi inquina»
29 maggio 2008 - Francesca Pilla
Fonte: Il Manifesto
La procura di Napoli va al contrattacco. Dopo le polemiche seguite all'inchiesta «Rompiballe», con i relatico avviso di garanzia al prefetto Alessandro Pansa e gli arresti domiciliari per la vice di Bertolaso, Marta Di Gennaro, i magistrati della procura campana decidono di reagire. E lo fanno con un documento in cui accusano il governo di rendere inutile, con il decreto sui rifiuti, il lavoro svolto fino a oggi. In altre parole, di lasciarli soli. Nelle ultime 48 ore il polverono sollevato intorno ai pm è stato di dimensioni notevoli. Le accuse hanno riguardato tempi sbagliati nella notifica dei provvedimenti, operazione programmata ad arte per mettere i bastoni tra le ruote al neosottosegretario, intrusione del partito dei giudici nella vita politica italiana per evitare che si risolva il problema in Campania. Accuse e critiche arrivate da destra e sinistra, anche se con modalità diverse, ma tutte gravi, e potrebbero nascondere il tentativo di consumare (ma senza grande successo) un dibattito noto sull'indipendenza di giudizio della magistratura.
Ieri però è stato il giorno della risposta da parte della procura partenopea che non si cura di discolparsi per l'inchiesta «Rompiballe» - parlano da soli i tempi di «deposito» dell'indagine, gennaio 2008 (quando al governo c'era Prodi) - bensì di attaccare direttamente il decreto spazzaimmondizia di Berlusconi, bollandolo come incostituzionale. Almeno nella parte che riguarda il compito della magistratura.
Alla fine di un'intensa assemblea, con una lunga lettera indirizzata al Csm e firmata da 72 sostituti e tre procuratori aggiunti, i pm di Napoli intendono, infatti, mettere in mora il provvedimento; nel capitolo in cui gli attribuisce la competenza regionale ed esclusiva in materia di rifiuti, affidando poi ad un unico tribunale in composizione collegiale la decisione su misure cautelari e sequestri. Inammissibile, secondo i magistrati che sollevano perplessità sia sotto il profilo della legittimità costituzionale (il decreto sarebbe contrario all'articolo 3 della Carta) sia per quanto riguarda l'efficacia dell'azione di contrasto alle violazioni delle norme ambientali.
Un attacco all'indipendenza e all'autonomia professionale, così scrivono i pm che non ne condividono nemmeno l'impostazione. Soprattutto quando «dilata il potere di gestione del Procuratore capo, al di là del recinto normativo stabilito dalla legge». Giandomenico Lepore, secondo i suoi colleghi avrebbe infatti "un ampio potere discrezionale» nella gestione degli affari ambientali, «con facoltà di impartire qualsivoglia disposizione e direttive anche specifiche ai magistrati (non più) "titolari" dei procedimenti in materia ambientale, ma solamente co-assegnatari...»
Ci risiamo con i tentativi del berlusconismo di imbavagliare il terzo potere dello stato? Dal centro direzionale napoletano non si spingono così in là per ovvie ragioni, ma pongono diverse questioni di merito. A partire dalla figura del giudice speciale (il tribunale collegiale) che non solo spazza via la ripartizione territoriale delle sedi giudiziarie, ma essendo un decreto retroattivo complica la prosecuzione dei procedimenti in corso. E ancora. Il provvedimento cancella la figura del giudice naturale, ingorga la Corte di cassazione, allunga i tempi dei nuovi procedimenti. Insomma, per i diretti interessati, il colpo di genio del Consiglio dei ministri, la bacchetta magica per risolvere l'emergenza, è una disgrazia giuridica. E un «abuso», perché se si impedisce ai pm di «operare il sequestro preventivo urgente», e gli si consente, «solo il ricorso al sequestro probatorio», si fa un favore agli inquinatori.
Ma che la Superprocura, tanto voluta dalla destra, avrebbe scatenato le proteste degli interessati era quasi scontato, di meno lo è la posizione che prenderà ora il Csm.
La possibilità di opporsi al decreto passa, infatti, nelle mani del Consiglio, e solo nei prossimi giorni si vedrà che tipo di ripercussioni potrebbe riservare sulla scena politica. Da Napoli, però, ci tengono a sottolineare all'organo di garanzia della propria indipendenza che «il decreto legge modifica radicalmente, per il territorio della regione Campania, l'assetto del procedimento e del processo penale in tema di reati ambientali nonché almeno in parte, anche le norme dell' ordinamento giudiziario in tema di poteri del dirigente dell' Ufficio di Procura».
Tutte riserve fatte proprie anche dall'Anm, il sindacato delle toghe, che sempre ieri ha consegnato al ministro della Giustizia i documenti per spiegano le numerose perplessità. Anche l'Anm contesta la norma che ha attribuito al procuratore di Napoli la competenza regionale su tutte le indagini in materia, in palese contrasto con il divieto costituzionale di istituire giudici straordinari o speciali. Il guardasigilli Alfano, però, non ha però rilasciato nessun commento.
Nel frattempo e nonostante il trambusto, va avanti con il suo lavoro il gip Saraceni che ha rifiutato il carcere cautelare, così come richiesto dai pm Noviello e Sirleo, per i 25 imputati dell'affare rifiuti campani, optando per gli arresti domiciliari. E già oggi saranno sentiti i capi dei sette impianti di cdr incriminati. Perché l'inchiesta «Rompiballe» deve proseguire.

 

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