Munnezza al bagno

Finiscono dentro in 14, fra funzionari e imprenditori. Gli indagati sono 38, coinvolti anche politici del centrosinistra. Per anni tonnellate di liquido delle discariche è finito in mare con il suo carico di veleni, inquinando un lunghissimo tratto di costa della Campania
29 gennaio 2011 - Francesca Pilla
Fonte: Il Manifesto

I vermi erano grossi anche come mezzo pollice e strisciavano sul bagnasciuga del Litorale domizio. Nel luglio del 2009 vennero fotografati e filmati, creando il panico tra i napoletani. Fu un'estate nera per gli esercenti dei lidi balneari. L'Arpac, l'agenzia per i controlli ambientali, fu costretta a fare le analisi delle acque marine. Anche perché la densa schiuma nera che si estendeva per chilometri, da Cuma giù fino a Salerno, per settimane continuò a minacciare le spiagge. Dissero che si trattava di bassa salinità e di batteri fecali perché il depuratore dell'Hydrogest, vecchio e fatiscente, era rotto. Così venne dichiarato il divieto di balneazione. Finita la stagione non se ne parlò più.
Oggi finalmente si sa la verità: a seguito dell'emergenza rifiuti in Campania, tonnellate di percolato erano state immesse nell'impianto e poi senza filtri buttate a marre. Un disastro ambientale. È uno dei reati per cui 14 persone sono state sottoposte ieri a custodia cautelare, 8 in carcere il resto ai domiciliari. Tra loro anche Marta Di Gennaro, la vice dell'allora capo della protezione civile Guido Bertolaso, l'ex prefetto Corrado Catenacci e Gianfranco Mascazzini, ex direttore del ministero per l'ambiente.
Gli altri reati vanno dall'associazione a delinquere al traffico illecito di rifiuti, falsità ideologiche e truffa a danno di enti pubblici e sono stati accertati attraverso le indagini condotte, dal 2006 al 2009, dal 'pool ecologia' del tribunale, coordinate dal procuratore aggiunto Aldo De Chiara. Attraverso, intercettazioni, documenti, foto (tra cui quella dell'appuntato dei carabinieri Giovanni Pascandola Ladonia che nel 2007 ha immortalato un geyser di percolato a Villaricca), è venuto alla luce un sistema fuori controllo, dove i responsabili dello smaltimento, le autorità dello stato, hanno permesso e in alcuni casi autorizzato di buttare in mare il percolato, l'agente più inquinante e aggressivo che viene raccolto in apposite vasche nelle discariche e deve essere smaltito come rifiuto speciale. «Gli indagati a vario titolo - ha spiegato il procuratore capo Giandomenico Lepore - prendevano il percolato ottenevano il contributo e invece di smaltirlo dove si deve aprivano la valvole dei depuratori e lo facevano scivolare in mare».
Nell'ordinanza, oltre mille pagine, sono coinvolti uomini della Fibe-Impregilo, del commissariato speciale, del ministero dell'ambiente, della regione. E infatti oltre agli arrestati ci sono 38 indagati, tra questi Antonio Bassolino, all'epoca governatore e commissario speciale per le bonifiche e per le acque, Luigi Nocera ex assessore regionale all'ambiente e Gianfranco Nappi ex capo della segreteria, nonché ex assessore all'agricoltura. Ieri Bassolino, che è già sotto sotto processo per l'affare Impregilo, attualmente in fase dibattimentale, si è detto sicuro che l'ulteriore sviluppo delle indagini dimostrerà la sua «estraneità ad ogni ipotesi di reato».
Questo è il quarto atto del filone che riguarda la crisi rifiuti su cui da anni è impegnata la procura. Gli altri sono l'inchiesta Rompiballe e i falsi collaudi degli impianti cdr, in entrambi risultano indagati sia la Di Gennaro che Catenacci. «Recidivi» sono stati definiti dal procuratore De Chiara, che ha voluto sottolineare la possibilità che l'inchiesta sulle ecoballe non a norma (da cui fra l'altro è stata stralciata la posizione di Bertolaso) potrebbe tornare a Napoli. «Speriamo quando me ne sarò già andato», è la battuta di Lepore che proprio per quell'indagine ha attraversato diverse tensioni interne con i procuratori Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo.
Indispensabili per accertare le responsabilità, anche in questo caso, si sono dimostrare essere le intercettazioni. «Il 30-40 per cento del fango viene buttato a mare, hanno bypassato intere aree dell'impianto (...) buttano in atmosfera i gas biologici», dice per esempio Generoso Schiavone, dirigente della regione Campania che in diverse telefonate contatta uomini del commissariato, riferisce delle volontà di assessori, scarica la responsabilità sul ministero dell'ambiente. Addirittura parlando con Antonio Recano, funzionario addetto al commissariato per le bonifiche, sempre arrestato ieri, afferma che «la merda di Acerra va nei Regi Lagni», mentre in un'altra conversazione un dirigente della protezione civile dice chiaramente: «Dobbiamo sbarazzarci del percolato». «Qui gli impianti non trattano un bel niente», confermano poi al cellulare due responsabili dei depuratori. Sull'indagine interviene anche il presidente della provincia Luigi Cesaro precisando che Corrado Catenacci non è più a capo della Sapna, società provinciale che si occupa di rifiuti: l'ex prefetto è agli arresti domicilia-ri proprio per il pericolo di reiterare il reato. Stessa motivazione alla base della misura cautelare per Mascazzini, attualmente consulente della Sogesid, società in house del ministero dell'ambiente, nonché perla Di Gennaro, in pensione da dicembre, ma non durante la valutazione del collegio dell'ufficio gip presieduto da Bruno D'Urso.

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