L’inchiesta sullo smaltimento dei residui della lavorazione del pomodoro. Revocate le ordinanze dopo l’arresto dei dirigenti dell’impresa

La Doria, cadono le accuse: tutti scarcerati

Superate le esigenze cautelari, le anoimalie contestate dal pm già regolarizzate dall'azienda
26 gennaio 2011 - Petronilla Carillo
Fonte: Il Mattino

Salerno. Andrea Ferraioli, Giuseppe Cuomo, Sergio Amato, Giuseppe Milito, Gaetano Di Dio, Susanna Cuomo, Giovanni D’Ambrosio e Luigi Sorrentino hanno tutti chiarito la propria posizione, ieri mattina, dinanzi al collegio di magistrati della sezione del giudice per le indagini preliminari di Napoli. Ognuno per le proprie competenze. L’unico che non è stato ancora interrogato è Giuseppe Dinisi, gestore della Ecodinisi, la cava di Cerignola. L’imprenditore è ancora piantonato presso il reparto Cardiologia dell’ospedale di Foggia. Le sue condizioni migliorano e non destano, per il momento preoccupazione. In tribunale a Napoli nell’ufficio della sezione del giudice per le indagini preliminari, per tutto il pomeriggio si è lavorato per predisporre gli atti per la scarcerazione e la sostituzione della misura cautelare. Il collegio dei magistrati, difatti, ha ritenuto che siano cessate le esigenze restrittive. La condotta illecita, limitata al solo periodo 2008-2009, è stata modificata e regolarizzata nel 2010. In particolare Andrea Ferraioli (assistito dall’avvocato Antonio Sarno, legale del Gruppo Doria) ha spiegato il perché della classificazione dei rifiuti derivanti dal lavaggio dei pomodori come «altrimenti non specificato» e non come rifiuti organici. «Non ha fatto altro che ripetere ciò che da due anni sta spiegando agli inquirenti attraverso le sue memorie difensive», ha precisato il legale di Ferraioli. In pratica il direttore generale della Doria ha spiegato ai magistrati che il codice Cer è stato definito come «altrimenti non specificato» a seguito di una serie di valutazioni e consultazioni fatte in sede aziendale con la collaborazione di esperti del settore, non ultimo il docente dell’Università di Parma, professore Stefano Maglia. E ciò perché la quantità di pomodoro che finiva all’interno dei fanghi è infinitesimale rispetto ai metri cubi di terriccio che veniva scaricato a seguito del lavaggio dei pomodori. Ferraioli avrebbe spiegato ai giudici che il comportamento aziendale era improntato anche su un’altra considerazione. Ovvero che i fanghi prodotti non sarebbero rifiuti organici in quanto non derivanti dal procedimento industriale di lavorazione del pomodoro. «Questo - precisa l’avvocato Sarno - perché la Doria è l’unica azienda ad essere dotata di una macchina particolare, dotata di una rastrelliera. Si tratta dunque di un procedimento di pulizia e non di lavorazione del pomodoro». Il legale aggiunge anche: «La veridicità delle dichiarazioni rese dal direttore generale Ferraioli è stata accertata dal collegio di giudici anche perché le dichiarazioni degli altri manager sono state perfettamente in linea con le sue». Giuseppe Milito, legale rappresentante e gestore della Edil Cava, una dele due cave dove, dal 2008 al 2009, la Doria ha portato i fanghi derivanti dal lavaggio del pomodoro, durante l’interrogatorio di garanzia ha invece sostenuto di aver inviato una lettera ai vertici dell’azienda di Angri subito dopo i primi sopralluoghi dei carabinieri del Noe proprio per chiedere di riversare altrove i rifiuti, chiedendo l’interruzione del rapporto. rapporto che di fatto è cessato appunto nei primi mesi del 2009. In sintonia tra loro anche le due versioni dei fatti spiegate da Giovanni D’Ambrosio e Luigi Sorrentino, rispettivamente legale rappresentante e direttore del laboratorio di analisi Ge.I.S.A. «I miei assistiti - spiega il loro legale Rocco Pecoraro - hanno riferito di aver eseguito le analisi con correttezza. Dichiarando che, essendo il costo delle stesse irrisorio, di 200 euro, non c’era motivo per falsificarle».

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