Smaltimento, accuse ai vertici della "Doria"
Certificazioni di fanghi declassate rispetto al tabellario Cer (codice europeo di rifiuti) per «risparmiare» sullo smaltimento. In pratica: illecito smaltimento di rifiuti speciali individuati come «non accertati». Sono questi i capi di accusa che hanno portato ieri mattina, dietro le sbarre delle carceri napoletane di Poggioreale e Pozzuoli, nove persone. Tra questi, molti dirigenti della Doria. Si tratta del direttore generale del gruppo aziendale di Angri, Andrea Ferraioli; del direttore Supply Chain, Giuseppe Cuomo; dei procuratori dello stabilimento di Angri, Sarno e Fisciano, Sergio Amato, Gaetano Di Dioe Susanna Cuomo. Quindi del legale rappresentante e del direttore responsabile del laboratorio di analisi Ge.I.S.A di via San Leonardo a Salerno, Giovanni D’Ambrosio e Luigi Sorrentino. Infine dei proprietari delle due cave che hanno accettato i rifiuti della Doria, Giuseppe Milito della Edil Cava srl di Cava de’ Tirreni e Giuseppe Dinisi della Ecodinisi srl di Cerignola, in provincia di Foggia. Quest’ultimo, quando si è visto notificare il provvedimento di custodia cautelare è stato colto da malore. Ora è ricoverato nel foggiano, presso il reparto di Cardiologia ed è piantonato. I nove provvedimenti di ieri scaturiscono da una indagine dei carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Salerno, diretti dal capitano Giuseppe Ambrosone, e sono stati firmati dal gip di Napoli, sotto il diretto coordinamento del procuratore capo Giandomenico Lepore. Il blitz è scattato poco dopo le cinque in diverse città: Napoli, Caserta e Bari e Salerno. Sono stati anche sequestrati mezzi e strutture presso le cave e alcune società di trasporto che sarebbero state coinvolte nell’affaire e i cui titolari risultano al momento indagati come indagato è anche l’amministratore delegato della Doria, Antonio Ferraioli. Si tratta di quattro aziende di trasporti, tre delle quali della provincia di Caserta (Castelvolturno, Casapesenna, San Marcellino-San Tamaro) ed una di S.Egidio del Monte Albino. Nel mirino le tre piattaforme aziendali del gruppo Doria, quelle di Angri, Sarno e Fisciano. I reati contestati riguardano accertamenti condotti sullo smaltimento dei rifiuti nel periodo compreso tra luglio 2008 ed ottobre 2009. Secondo l’impianto accusatorio, i dirigenti della Doria, avvalendosi del laboratorio di analisi Ge.I.S.A., avrebbero fatto certificare i fanghi provenienti dal lavaggio dei pomodori come «rifiuti non accertati» quando, in base al codice prefissato dall’Unione europea, dovrebbero essere rifiuti speciali e, come tali, smaltiti. In quanto rifiuti non accertati, sarebbero stati smaltiti nei due impianti di recupero di Cava dei Tirreni e Cerignola, individuati attraverso l’attività di intermediazione di una società di servizi ambientali di Angri, e della attività di trasporto realizzata attraverso i mezzi di diverse società, gestivano abusivamente. In questo modo, secondo l’accusa, ci sarebbe stato un ingiusto profitto. Secondo le stime dei carabinieri si tratterebbe di circa diecimila tonnellate falsamente certificate come «rifiuti non specificati altrimenti» (codice CER 020199) al fine di evitare il maggior costo connesso al conferimento presso gli specifici impianti di compostaggio di rifiuti. Per il gestore della discarica di Cerignola, sarebbe stato riscontrato anche il reato di costituzione e gestione di discarica abusiva.