Trattativa tra 007 e Casalesi in una lista di ditte di Zagaria

La Dda indaga su appalti e forniture, cento aziende nel mirino
21 gennaio 2011 - Rosaria Capacchione
Fonte: Il Mattino

Insipienza. O forse distrazione, dettata dalla fretta di risolvere l’emergenza e di levare dalle strade di Napoli e Caserta centinaia di tonnellate di rifiuti marcescenti. O forse ancora la prova dell’accordo, dell’intesa indicibile tra parti dello Stato e la camorra, regolatrice di rapporti economici e domatrice di virulente proteste di piazza. La chiave è tutta lì, nell’elenco di ditte che sono state inserite nell’elenco dei fornitori del commissariato per l’emergenza rifiuti e, successivamente, del Consorzio unico, quello assorbito dalle società provinciali: una settantina di pagine di nomi di imprese specializzate nel settore del trasporto, della raccolta, dello smaltimento dell’immondizia, con allegati i precedenti personali di ciascun titolare, componente di consiglio di amministrazione, consulente. In quell’elenco, consegnato un anno fa dalla Digos della questura di Caserta alla Procura antimafia, ci sarebbero anche i nomi delle ditte che rappresentano gli interessi del clan dei Casalesi. Soprattutto della famiglia Zagaria il cui capo, Michele, latitante da quindici anni e un mese, avrebbe contrattato con lo Stato il ristoro per se stesso e per le aziende danneggiate dall’attività intensiva di smaltimento nell’agro aversano e nell’area della mozzarella dop. L’elenco, aggiornato in tempi più recenti con altri nominativi, fa parte dei fascicoli d’indagine sui quali stanno lavorando, in due differenti inchieste, i pm Catello Maresca e Antonello Ardituro. Inchieste che tendono ad accertare se effettivamente Michele Zagaria ha incontrato, tra il 2006 e il 2007, un rappresentante dei servizi segreti e un delegato della Regione (o del commissariato di governo); e se c’è una relazione tra quest’incontro e le minacce ricevute dall’ex assessore all’ambiente Walter Ganapini, e da lui denunciate nel corso di una riunione con alcune associazioni ambientaliste, denuncia di cui esiste una traccia audio diffusa nel 2010 da Wikileaks. Infine, se le coperture offerte a Michele Zagaria, grazie alle quali il boss condannato all’ergastolo è riuscito in più occasioni a evitare l’arresto, siano occasionali (o collegate a singoli episodi di corruzione) o se, invece, siano in qualche modo «istituzionalizzate». Sono un centinaio le ditte sotto esame. Gli amministratori di oltre il cinquanta per cento di esse risultano essere esenti da macchie giudiziarie di qualsiasi tipo, al più sono incappati in piccoli incidenti di percorso, in genere di natura fiscale o dettati da non buone condizioni finanziarie dell’impresa. Altre, e sono una ventina, hanno il curriculum societario sporcato da reati specifici, come il traffico illecito di rifiuti o reati ambientali. È il caso, per esempio, della Veca di Maddaloni, che cura il trasporto delle ceneri prodotte dal termovalorizzatore di Acerra fino al sito di smaltimento, a Brescia. Altre ancora sono quelle appartenenti all’elenco sospetto, alla lista nera sponsorizzata da Michele Zagaria, che lavorano (o hanno lavorato fino a epoche recentissime) per la pubblica amministrazione senza avere tutte le carte antimafia in regola. Per esempio, la Euroscavi dei fratelli Bianco, che opera a San Tammaro nella discarica Maruzzella (gestita dalla Gisec, la società provinciale di Caserta): uno dei titolari è stato condannato per detenzione illegale di armi ed estorsione. Oppure, la Fontana srl, i cui titolari sono stati più volte coinvolti in indagini sul clan Zagaria. Ancora: la Euro Truck 2000 di Raffaele Parente, che si occupa di trasporto (soprattutto di rifiuti): il titolare, che nel 2006 ha riottenuto dal Consiglio di Stato la certificazione antimafia, fu gravemente ferito in un agguato subito dopo la scomparsa di Antonio Bardellino. Cognato del nipote del boss, Antonio Salzillo, ucciso nel 2009, era il vero obiettivo del commando che ammazzò, invece, un altro ragazzo che era in sua compagnia. Un capitolo a parte dell’inchiesta riguarda, invece, le proprietà dei suoli sui quali sono stati localizzati i siti di stoccaggio di Santa Maria la Fossa, Villa Literno-Parete, Giugliano-Villaricca. Tra i proprietari dei fondi ci sarebbero anche prestanome della famiglia Zagaria e di Antonio Iovine, l’altro capo casalese arrestato due mesi fa dopo una fuga durata quindici anni.

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