Ecco perchè il clan soffia sulla rivolta
L’ombra della camorra sulla protesta di Chiaiano. È su questa inquietante ma realistica ipotesi che lavorano i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli coordinata dal procuratore aggiunto Franco Roberti. L’inchiesta muove i suoi primi passi e dunque - è bene chiarirlo in premessa - i magistrati sono ancora impegnati a esaminare le informative raccolte e trasmesse da polizia e carabinieri. Ma sullo sfondo, comincia a delinearsi un quadro più nitido, almeno per quel che riguarda il ventaglio delle ipotesi che sorreggerebbero un presunto interesse da parte degli ambienti criminali rispetto ai disordini e alle manifestazioni di piazza, anche violente. Si tratta, com’è ovvio, di un interesse economico: quello legato all’edilizia abitativa. È noto, infatti, che tra i molteplici appetiti nutriti dal clan Lo Russo, egemone proprio nei quartieri compresi tra Miano-Capodimonte e Chiaiano, vi sia quello dell’edilizia. Fabbricati che vengono costruiti da ditte compiacenti e formalmente «pulite», in regola cioè con i certificati antimafia. Su questo business ha da tempo puntato il clan dei «capitoni», il cui presunto boss - Salvatore Lo Russo - è finito in carcere mesi fa al termine di un’articolata indagine condotta dalla Dda (pm Sergio Amato) e dai carabinieri del comando provinciale di Napoli. Per il clan, la presenza di una discarica di rifiuti nel cuore di una zona sulla quale sono stati edificati centinaia di appartamenti (parte dei quali abusivi e solo successivamente condonati) sarebbe un fatto inaccettabile. Crollerebbe il florido mercato che sovrintende le compravendite. E la camorra finirebbe di intascare quote percentuali milionarie, senza considerare la possibilità di perdere la possibilità di riciclare denaro sporco. L’area interessata da questo «danno potenziale» è vasta: comprende infatti tutta la zona odpedaliera, quella dei Camaldolilli, fino a Miano e a Marano. Ecco una delle potenziali causali che potrebbero aver indotto la criminalità organizzata ad avere un ruolo nei «moti» di Chiaiano. Più che una vera e propria regia degli scontri, dei blocchi e della politica del «no» alla discarica nella cava del poligono di Chiaiano, si tratterebbe insomma di un interesse parallelo che avrebbe finito col coincidere con quello della popolazione, della parte onesta di gente che si batte per non avere nel quartiere un sito di raccolta dei rifiuti.