Esercito addio, dal 31 gennaio stop alla vigilanza degli impianti
Esercito addio. Dal 31 gennaio si bloccheranno le attività della struttura stralcio e della unità operativa comandate dal generale Mario Morelli che provvedevano al trasferimento fuori regione della frazione organica, ai contratti, alla vigilanza dei siti (discariche e termovalorizzatore) e, quando necessario, come è accaduto in questi giorni, anche alla raccolta della spazzatura. Alla struttura sono toccati finora anche compiti organizzativi e di supporto all’ufficio flussi e alle attività della Regione. La legge del 2009 che chiudeva l’emergenza stabiliva che l’esercito restasse in campo fino alla fine del mese in corso, ma prevedeva anche la possibilità di una proroga che, però, non c’è stata. L’ipotesi più accreditata fino a qualche settimana fa, era che sul tema fosse inserita una norma specifica nel cosiddetto decreto «milleproroghe». Così non è stato e l’addio dei militari ha colto di sorpresa tutti. E infatti non è ancora chiaro come verranno divise le competenze che finora facevano capo alla task-force guidata da Morelli. Né sono evidenti i motivi del mancato rinnovo. Ma le ipotesi non mancano. È evidente che dopo sedici anni di commissariamento gli enti locali devono subentrare nella gestione di un ciclo che non può essere sempre dominato dall’emergenza. Ma, probabilmente, dietro la decisione di accorciare di fatto la permanenza dei militari ci sono state anche delle decisioni non condivise dagli amministratori locali. Un primo momento di gelo ci fu a metà ottobre quando il generale Morelli raccontò in termini molto realistici la crisi che si stava aprendo e sottolineò che Provincia e Regione tardavano ad assumere i compiti che erano stati loro attribuiti dalla legge. Ma non solo. Probabilmente la questione più scottante è stata quella del trasferimento fuori regione della frazione organica ancora stipata negli impianti di tritovagliatura. La struttura guidata da Morelli aveva fatto una gara europea per attribuire l’incarico poi assegnato al consorzio Cite. Qualche mese dopo, ormai in piena crisi, la A2A ha cominciato a lavorare a un contratto per trasferire in Spagna la frazione umida stipata nell’impianto di Caivano che le è stato affidato per legge. Un contratto di cui non sono ancora chiari i contorni: non è mai stato reso noto, infatti, dove finirà la spazzatura e la A2A e la società di intermediazione entrata nell’affare, la Markab Consulting di Francesco Cincirrone, non hanno mai fornito cifre. La Provincia di Napoli, invece, in un comunicato del mese di dicembre ha spiegato che in Spagna sarebbero arrivate 30 mila tonnellate di spazzatura, ma l’assessore competente, Giuseppe Caliendo, sottolinea di non avere avuto alcun ruolo nella trattativa. Meno che mai quello di soggetto pagatore. La frazione umida, d’altra parte, è stata accumulata negli anni passati, quando competenti erano il commissariato di governo prima e la Protezione Civile poi. Si è fatta, quindi l’ipotesi che a pagare dovesse essere la struttura di Morelli. Ma il generale di quel contratto ha sempre detto di non sapere nulla ribadendo di essere pronto a far fronte solo ai contratti stipulati con gara pubblica. Problemi sarebbero sorti anche con il trasferimento dei rifiuti in Puglia: la struttura operativa ha stipulato il contratto con il consorzio Cite che provvede allo smaltimento nelle discariche, ma non si è mai dichiarata disponibile a far fronte alle spese aggiuntive che pure sono state messe sul tappeto. Un rigore nel rispetto delle norme che potrebbe aver indotto a rinunciare all’aiuto dei militari.