Inceneritore, il patto tra Zagaria e lo 007
C’era un convitato eccellente al tavolo della trattativa per la localizzazione del termovalorizzatore a Santa Maria la Fossa. Un tavolo misto, opaco, segreto, del quale si è intuita l’esistenza senza che questa fosse mai dimostrata. Un tavolo al quale la camorra partecipava a pieno titolo, discutendo alla pari - così com’era stato ai tempi degli appalti dell’Alta velocità - con le istituzioni. A rappresentare il cartello casalese c’era l’uomo forte dell’ala imprenditoriale del clan: Michele Zagaria. Fonti riservate aggiungono: ci fu una riunione alla quale Zagaria partecipò assieme a un uomo legato ai servizi segreti e a un delegato istituzionale, del commissariato straordinario di Governo o della Regione. All’ordine del giorno c’era l’opportunità o meno di costruire nel cuore dei Mazzoni l’impianto di incenerimento dei rifiuti, struttura malvista dalla comunità locale che già da tempo sopportava i disagi delle discariche ufficiali e di quelle illegali ma la cui costruzione, in quei giorni, veniva data per imminente. Era la fine del 2006. La localizzazione del secondo inceneritore della Campania, dopo quello di Acerra, era cosa ormai decisa dalla Regione, per l’avvio delle opera si aspettava soltanto la seconda valutazione di impatto ambientale da parte del ministero dell’Ambiente. Gli espropri dei terreni avrebbero interessato 553 aziende agricole e zootecniche e l’intera filiera di produzione della mozzarella. La strada sarebbe stata attraversata da circa 180 camion al minuto. Sarebbe diventato inutile anche il centro commerciale già localizzato su un’area al confine tra Santa Maria la Fossa e Casal di Principe. Parte delle aziende bufaline e centro commerciale sono attività di diretto interesse del clan dei Casalesi. Zagaria chiedeva una sorta di ristoro per i mancati guadagni dal comparto agroalimentare, e lo chiedeva all’interlocutore istituzionale. Ma quale ruolo aveva l’altro partecipante all’incontro? Era stato lui, l’agente segreto, l’intermediario e il garante? Del tavolo segreto si è vociferato per anni, oggi pare che ne esista una traccia più concreta, la stessa che ha portato gli investigatori a ipotizzare un ruolo paraistituzionale nella copertura della latitanza di Michele Zagaria, fatto sul quale la Dda di Napoli ha aperto un fascicolo contro ignoti per favoreggiamento della camorra e, nello specifico, dell’ultimo capo ancora in libertà dopo oltre quindici anni di inutili ricerche. Tra gli episodi sospetti, l’annotazione dell’Aisi su un progetto di rapina tra Villa Literno e Casal di Principe che ha prodotto quale risultato alcune perquisizioni che hanno rischiato di far saltare l’arresto di Sigismondo Di Puorto, reggente della famiglia Schiavone. Nell’ambito della stessa inchiesta, sono stati interrogati, nella veste di persone informate sui fatti, alcuni funzionari delle Poste ai quali è stato chiesto di spiegare in che modo una lettera possa essere stata recapitata al destinatario in indirizzo senza che risultasse il timbro dell’ufficio che aveva provveduto alla spedizione. Lettera anonima, scritta con le modalità delle relazioni di servizio degli organi investigativi, che conteneva alcune indicazioni riservate sulla localizzazione di un covo sicuro di Michele Zagaria, arrivata al centro Dia di Napoli alla fine di novembre. La Dda di Napoli con molta probabilità chiederà anche di acquisire dalla Procura di Caltanissetta copia dell’altro anonimo, recapitato alla fine dell’estate alla Dia di quella città, scritto con le stesse modalità e pervenuto, pure quello, senza timbro sulla busta. Un’altra copia dello stesso appunto è arrivato a palazzo San Macuto, a Roma, sede della commissione antimafia, sempre senza timbro. Nella nota si faceva riferimento a una riunione che si sarebbe svolta alla periferia di Messina e alla quale avrebbero partecipato, con l’obiettivo di programmare una serie di attentati contro alcuni magistrati, esponenti di Cosa nostra, camorra casalese e ’ndrangheta.