Esercito all'attacco con le ruspe "Bravi, qui è peggio della guerra"
«Jamme guagliù, solo voi ci potete aiutare. ’Sta munnezza è peggio d’a guerra». I due ragazzi sul motorino rallentano davanti ai camion dell’Esercito sui quali la gigantesca ruspa ammucchia i sacchetti della spazzatura; non gli sembra vero che la strada venga ripulita, sciarpe e cappelli lasciano liberi solo gli occhi sorridenti. Sembrano realmente felici di scoprire che sono arrivati i soldati a cancellare il dramma immondizia. Dicembre 2010, una giornata di inconsueto freddo polare napoletano trascorsa in mezzo agli uomini dell’Esercito con le tute mimetiche, che sono tornati ad offrire il loro aiuto a una città in ginocchio: «Anche questo è un servizio alla cittadinanza», ripete con vigore il generale Antonio Monaco,
Capo di Stato Maggiore del Comando Logistico Sud e responsabile dell’unità operativa che si occupa della nuova emergenza spazzatura. Il generale è in strada al fianco dei soldati, segue da vicino le operazioni di recupero dei giganteschi cumuli: «La mia presenza non è anormale - sorride - io cerco di essere presente il più possibile, loro lo sanno», e indica i militari che lavorano intorno ai camion e alla spazzatura. La macchina dell’organizzazione dell’Esercito è spaventosamente sincronizzata. Dentro palazzo Salerno a Piazza Plebiscito c’è il cuore dell’operazione immondizia che viene gestita esattamente come ogni altra operazione militare. Al vertice c’è il generale Mario Morelli Comandante Logistico Sud e Coordinatore sia dell’Unità Stralcio che dell’Unità Operativa. Ha lavorato con Bertolaso nei giorni della prima grande crisi, continua ad occuparsi di una vicenda che ha imparato a conoscere perfettamente: «Un anno fa, di questi tempi, scrivevo agli amministratori locali - spiega senza polemica -. Attrezzatevi per realizzare nuove discariche o l’emergenza vi travolgerà. Non mi hanno risposto, non mi hanno ascoltato. Eppure avevamo preparato tutto, anche i progetti operativi. Bastava metterli in esecuzione per evitare quest’altro disastro». A due passi dall’ufficio del generale Morelli c’è la sala in cui, quotidianamente, viene decisa la distribuzione di tutta l’immondizia della Campania nelle varie discariche. È il «settore flussi» retto dal tenente colonnello Angelo Piscitelli: ai suoi ordini un manipolo di uomini che sa precisamente, in ogni momento della giornata, quale discarica può ricevere l’immondizia e quanta ne può ricevere. Così i camion della nettezza urbana vengono indirizzati nel posto giusto, dove potranno sversare senza problemi. È una specie di rompicapo che anche il manager più esperto farebbe fatica a risolvere. Gli uomini dell’Esercito, con in testa il capo del «settore flussi», il capitano Gerardo Chieffo, ci riescono con una semplicità imbarazzante. Frutto di anni di lavoro che hanno affinato la tecnica e accelerato i processi di risposta alle emergenze. Il fronte attualmente più caldo, quello della raccolta in strada, invece fa capo ad un’altra struttura che si raggiunge arrampicandosi all’ultimo piano di Palazzo Salerno. È la sala operativa che dipende dal colonnello Francesco Gazzillo, quella che ogni giorno gestisce i 160 uomini spediti da tutta Italia a ripulire Napoli con 42 camion e tredici pale meccaniche e ruspe. Nella sala ci sono piantine della provincia di Napoli, piani accuratissimi della giornata, telefoni roventi e una decina di box isolati dietro i quali gli uomini sono concentrati come se gestissero una vera operazione di guerra. Seguono le attività di raccolta zona per zona, minuto per minuto. Ieri mattina la maggior parte delle forze era destinata a via Don Bosco. Decine di cumuli non raccolti da settimane, decine di camion e di militari con mascherine e guanti, pronti a lavorare per restituire dignità a quel pezzetto della città. Anche la materiale operazione di raccolta va gestita con precisione militare. Prima dell’intervento degli uomini tutti i cumuli vengono ricoperti dal disinfettante. Ci pensano militari addestrati alla sanificazione: indossano tute bianche e portano sulle spalle grandi cisterne di disinfettante che in breve tempo ricopre tutto. Poi entrano in azione le ruspe: quella grande aspetta, le fauci ben aperte, che i piccoli bobcat catturino i sacchetti ribelli, poi partono per un frontale al centro del quale c’è l’immondizia. Più i mezzi si avvicinano, più i sacchetti finiscono nell’enorme ruspa che poi li solleva e li deposita sui camion. All’arrivo dei militari la gente prima sembra preoccupata, poi resta sorpresa. Alla fine c’è un sospiro di gioia e sollievo: «Qualche volta ci applaudono, spesso ci portano il caffè. È capitato anche che esponessero il tricolore in nostro onore», dice con orgoglio uno dei ragazzi in divisa, spostando dalla bocca la mascherina bianca. Sulle operazioni vigila il primo maresciallo Luigi Crocco, un omone dall’aspetto burbero che, però, sa sorridere con i suoi uomini. Si fermano tutti quando da una vespa urlano la solita battuta un po’ datata «non ve la portate (si riferiscono all’immondizia) ci siamo affezionati». Ridono, la tensione si stempera. «Qualcuno pensa di offenderci chiamandoci spazzini. Noi invece siamo fieri di dare il nostro aiuto alla comunità in qualunque maniera. Se c’è da portare via l’immondizia per rendere migliore il nostro Paese lo facciamo con entusiasmo», il generale Monaco parla con convinzione. Porta con orgoglio la mimetica dell’Esercito, si guarda intorno e incrocia lo sguardo riconoscente di una donna che per spiare il lavoro dell’Esercito finge di stendere i panni al balcone. Il generale si ferma un attimo, è soddisfatto, dà un ultimo sguardo al camion pieno di rifiuti e si tuffa nell’auto: «Andiamo a vedere come vanno le cose al prossimo punto di raccolta».