I ristoratori spengono il lungomare: basta degrado
Cinque chilometri di drappo nero. Il lutto di Napoli va da largo Sermoneta fino al Borgo Marinari, la lunga striscia scura viene retta dai quattrocento dipendenti di chalet, bar e ristoranti del lungomare che rischiano il posto perché la città è in ginocchio: travolta dalla crisi dei rifiuti, abbandonata a se stessa senza un progetto per il futuro, umiliata dalla mancanza di concertazione e di idee condivise. Locali del lungomare chiusi per tutta la giornata. Niente fuoco sotto pentole e padelle, macchine del caffè spente, saracinesche abbassate, tavolini accatastati, dipendenti in strada a mostrare fisicamente la faccia della Napoli che rischia di sparire. La protesta è stata organizzata dai 34 locali che aderiscono ai consorzi «Borgo Partenope» e «Caracciolo Mergellina», era stata annunciata l’altro giorno per sollecitare reazioni e risposte alla crisi dei rifiuti, alla mancanza di progetti per il turismo e alle lungaggini burocratiche per ottenere permessi per gazebo e tavolini sui marciapiedi. Risposte che, per ora, non sono arrivate e non sono nemmeno all’orizzonte: «I ristoranti, i bar e gli chalet della zona chiedono al Comune e a tutti gli enti preposti, di organizzare entro sette giorni un tavolo istituzionale per sviluppare insieme un progetto di rilancio di questo splendido lungomare, simbolo di Napoli e punto d’attrazione turistica, che rischia di spegnere le luci per sempre se non si interviene con un piano di sostegno a queste attività che sono l’anima dell’accoglienza partenopea», ha spiegato con vigore Carmine Bucci, presidente dei due consorzi che sono uniti nella protesta e che insiste: «I cinque chilometri di drappo nero li abbiamo allestiti per protestare contro una città che muore nell’indifferenza generale». L’effetto della protesta è stato ancora più evidente di sera con la lunga fila di insegne spente che ha offerto una immagine sconfortante del lungomare. Secondo fonti degli organizzatori della protesta, la chiusura di ieri ha prodotto mancati incassi per cifre che vanno dai 200 ai 300mila euro ai quali vanno aggiunti i costi per il personale che è stato regolarmente pagato anche se per l’intera giornata è rimasto a braccia conserte per via della serrata. Si tratta di cifre comunque irrisorie rispetto alla flessione di incassi subita in seguito alla crisi dei rifiuti che ha messo in ginocchio la città. I rappresentanti dei consorzi sostengono che il dramma rifiuti ha provocato fino ad ora una flessione del 35% nell’afflusso dei turisti. Il dato è riferito solo a questi giorni, quelli dell’Immacolata, quelli che avrebbero dovuto portare i primi turisti di dicembre in attesa dell’exploit natalizio. Ma quest’anno per la Napoli del turismo sarà un Natale nero, come il drappo srotolato ieri dai ristoratori del lungomare.