Flop differenziata, il Comune risarcisce i cittadini

Giudice condanna Palazzo San Giacomo per danni a 25 residenti di Vomero, Santa Lucia: 600 euro a testa
6 dicembre 2010 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

La differenziata Il tempo perso a separare i rifiuti e a cercare in casa il contenitore adatto, poi l’aumento esponenziale della Tarsu e infine la beffa di vivere in un ambiente inospitale, dove il diritto alla salute viene quotidianamente calpestato. Sono questi i punti che spingono il giudice a dare ragione a un gruppo di cittadini e a condannare il comune di Napoli, a partire da un concetto che entra di diritto in un provvedimento giudiziario, con tanto di timbro del tribunale di Napoli: «Il fallimento della raccolta differenziata». Appena quattro pagine per accogliere la richiesta di risarcimento danni di venticinque cittadini, tutti residenti tra Vomero e via Santa Lucia, che si sono visti riconoscere una sorta di indennizzo per i torti subiti negli anni della grande crisi dei rifiuti. Facendo due conti, il Comune è stato condannato a versare seicento euro per ciascun attore oltre al pagamento delle spese legali - mille euro cifra tonda - in tutto venticinquemila euro, calcolando il numero delle parti offese. Una mini class action, una sorta di piccola rivincita, a leggere le motivazioni di una sentenza di condanna rese pubbliche appena qualche giorno fa alle parti, firmate dal giudice di pace Maddalena Savino, al termine di un’istruttoria durata meno di due anni. Oggi si conoscono i motivi del provvedimento adottato dal giudice, parole quanto mai attuali in uno scenario cittadino ancora condizionato da raccolta differenziata lontana dagli standard richiesti e da cumuli di spazzatura agli angoli delle strade. Scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza: «L’istante, con grande attenzione e con sottrazione di tempo delle proprie attività, si dedica alla separazione dei rifiuti al fine di ottimizzare la raccolta differenziata, suo malgrado è costretto a vivere in ingiustificabile sporcizia e inquinamento ambientale e con pericoli igienico-sanitari causati dalla perenne emergenza rifiuti, è costretto altresì a respirare aria maleodorante proveniente da cumuli di sporcizia e sgradevoli, oltreché nocive esalazioni provenienti dai cassonetti stracolmi di rifiuti e comunque sudici e fatiscenti». Ma non è l’unico punto indicato nelle motivazioni della sentenza firmata dal giudice Savino. Un processo che inizia nel 2008, lungo quasi due anni, ascoltati alcuni testimoni che hanno raccontato quello che a Napoli tutti hanno imparato a conoscere - il disagio di vivere in una città in costante emergenza monnezza - nonostante tasse sempre più elevate. Ma ecco le conclusioni delle motivazioni, con cui il giudice di pace accoglie le istanze del gruppetto di cittadini rappresentati dagli avvocati Oriana Avallone e Angelo Pisani: «Venendo all’esame del merito, la domanda è fondata e deve essere accolta. È del tutto notorio che la raccolta dei rifiuti sul territorio cittadino rappresenta un problema endemico, e che la pubblica amministrazione nel corso degli ultimi anni ha provato in vari modi di risolvere, ma mai in maniera definitiva; è, oltretutto, assolutamente notorio che la sperimentazione della raccolta differenziata è stata un completo fallimento. Difatti - continua il giudice - non manca giorno che per le strade cittadine si vedano carcasse di elettrodomestici e cumuli di scatole di cartone abbandonate». Seguono riferimenti a un’istruttoria durata un paio di anni, con i nomi dei cittadini che hanno raccontato esperienze diverse e simili al tempo stesso, tutte caratterizzate dallo stesso scenario da incubo metropolitano: la mamma che non ha potuto condurre il carrozzino su marciapiedi interamente occupati da rifiuti di ogni genere, il commerciante che ha dovuto improvvisarsi netturbino, il ristoratore che ha visto i propri clienti dimezzarsi di fronte allo spettacolo di tavolini assediati da topi e scarafaggi. Scene note, storie che da dieci anni raccontano la grande emergenza e che ora entrano di diritto in una sentenza di condanna a carico di palazzo San Giacomo.

Cittadini virtuosi? Uno su dieci

La crisi affonda la differenziata. Rischia di arretrare sotto la soglia del 15% la raccolta nella città di Napoli. Colpa dei problemi legati all’emergenza. La denuncia, anche nelle settimane scorse, era arrivata direttamente dai vertici dell’Asìa. Il porta a porta in città riguarda soltanto un utente su dieci: così, su un milione di abitanti, solo in 135mila fanno effettivamente la raccolta differenziata. I restanti 850mila si arrangiano. Troppo poco per sperare di raggiungere gli standard auspicati. Non basta neanche il sacrificio di quei pochi che provano a fare la loro parte e hanno la costanza di percorrere anche un paio di chilometri con sacchi pieni di vetro e plastica o carta per arrivare nel luogo dove è possibile conferire. Troppo spesso infatti, raggiunta la meta, i cittadini virtuoso scoprono che i contenitori sono talmente pieni che sono così costretti ad abbandonare il materiale all'esterno delle campane. Ci sono anche questi paradossi sullo sfondo dell'emergenza rifiuti. Emergenza senza fine e senza soluzioni.

Il traguardo irraggiungibile

Per rientrare nei parametri di legge (ed evitare le conseguenze amministrative e finanziarie previste dalla normativa9 il Comune di Napoli dovrebbe toccare entro fine anno la quota del 25% di raccolta differenziata. Obiettivo assolutamente fuori misura per una città dove la differenziata viaggia su una media del 18% precipitato di tre punti - per stessa ammissione dell’Asìa, nella fase acuta della crisi che sembra al momento alle spalle. E poi c’è la platea delle utenze coinvolte nella raccolta «porta a porta». Sono poco meno di 140mila (tra famiglie e attività commerciali) le utenze coinvolte nel piano. Davvero una goccia nell’oceano del milione di abitanti. Asticella sempre più alta ed irragiungibile.

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