Terzigno, arrestati i proprietari di cava Vitiello
E il tribunale di Nola respinge l'istanza di sequestro della Sari
Terzigno. Arriva ancora una volta dal tribunale di Nola la doccia fredda per i cittadini che si battono contro la discarica nel Parco Vesuvio. Il gip ha respinto la richiesta di sequestro di cava Sari, avanzata dai comitati nei giorni caldi della protesta. Ci speravano, i rappresentanti dei movimenti; invece il provvedimento del gip, come spiega lo stesso capo della Procura, Paolo Mancuso, «conferma quanto già sostenuto da noi in merito all’inesistenza di documentati allarmi relativi all’inquinamento delle falde derivante dall’attività della discarica». La replica dei comitati non si è fatta attendere: «Con un tempismo record la Procura analizza e rigetta i vari esposti presentati dai comitati cittadini, senza nemmeno attendere le perizie tecniche che il pm Visone ha già annunciato di disporre sull’area», spiegano in un comunicato, e comunque ribadiscono la loro richiesta di «accertare e verificare i danni all’ambiente e, nelle more degli accertamenti, chiudere agli sversamenti la cava ex Sari». Nonostante la batosta, dunque, la battaglia continua. Si fermano, invece, i motori di escavatori e autocarri della famiglia Vitiello, i proprietari della seconda cava, individuata nel 2008 dal governo come discarica e poi recentemente cancellata, dopo le proteste. Ogni giorno estraevano fino a 4.000 metri cubi di pietra lavica e sabbia e le rivendevano a ditte già sospettate di contiguità con le organizzazioni criminali della zona, a 10 euro al metro cubo. Non potevano farlo: sia perché l’area era ormai stata acquisita dalla presidenza del Consiglio dei ministri, sia perché l’estrazione della pietra nell’area protetta è vietata da anni. Nonostante la presenza di centinaia di poliziotti e carabinieri, invece, Giovanni e Alfredo Vitiello, padre e figlio, andavano avanti imperterriti: da ieri sono stati arrestati con l’accusa di furto aggravato e continuato.