«L'idea? Uno spot con volti noti per autare i cittadini a riciclare»
«Io sono un ignorante. Di spazzatura, differenziata, termovalorizzatori e percolato non sapevo niente. Poi, quando tre anni fa è scoppiato il bubbone e Napoli con la sua munnezza ha fatto il giro del mondo, ho iniziato a informarmi. Oggi resto ignorante ma sono pure arrabbiato. Mi ha stancato sentire che è colpa dei napoletani, sono stufo che i responsabili di questo scempio siano ai loro posti. Basta, ci dobbiamo ribellare».
Chi lo conosce, sa bene che con il carattere schietto che si ritrova Nino D'Angelo non le manda certamente a dire. E anche stavolta, della querelle rifiuti, non lesina di scagliare frecce infuocate a destra e manca.
D'Angelo, parliamo di rifiuti e di differenziata. «Ammetto che non ne sapevo niente. Mica sapevo dove andava a finire la spazzatura. E come me, credo la maggior parte della gente. Non per strafottenza, ma perché quelle sono cose che competono a chi ci governa. A noi spetta seguire le regole: se mi dicono che devo separare plastica, vetro, carta, lo faccio. Se mi dicono che devo andarli a riporre in un cassonetto speciale, lo faccio. Ma se poi vedo che quando arriva il camion si prende tutto e lo mischia insieme, allora a che serve tutto questo?».
A iniziare un ciclo virtuoso... «Sì, ma io cittadino se pure lo inizio questo ciclo virtuoso, vedo che termina là. Non lo fanno proseguire, lo interrompono alla base. Tre anni fa eravamo circondati dalla munnezza, emersero gli stessi identici problemi di oggi: embé, mi dite che cosa è cambiato rispetto ad allora? Niente. Io oggi vedo solo munnezza. Quando torno nella mia casa a Casoria, esco dall'autostrada e trovo sacchetti lungo tutto il tragitto... sembrano dei fetenti sassolini di Pollicino. Non è cambiato niente».
E quando è a Roma va meglio? «In strada non vedo rifiuti. Almeno mi sento gratificato a metà del mio impegno da cittadino. Eppure, le regole che stanno a Roma sono le stesse di Napoli. Così come i cestini per raccogliere i diversi materiali li ho in tutte e due le case. Forse devo migliorare il mio rapporto con la plastica, cercare materiali meno inquinanti, ma in questo compensa mia moglie che è molto più ecologista di me. Il problema però è un altro».
E cioè? «Che sono i comuni a non fare la differenziata. Divento furente quanto sento in televisione che è colpa dei napoletani se non funziona il ciclo dei rifiuti. E la politica? Avrà pure delle responsabilità la politica locale? Avrà delle responsabilità anche un governo che prima si riempie la bocca con frasi ad effetto "abbiamo risolto il problema rifiuti a Napoli" e poi appena da sotto al tappeto la munnezza esce un'altra volta, è pronta a dire "è colpa di quelli che c'erano prima"? Non c'erano loro prima? Non capisco...».
Quali soluzioni dovrebbero arrivare dalle istituzioni? «Abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti, mi sembra assurdo che ci sia ancora qualcuno che non si sente sufficientemente italiano per non venire a darci una mano. Che quelli del Nord non facciano capricci. Poi abbiamo necessità che ci siano leggi forti: i sindaci dei comuni dove non si fa differenziata, devono andarsene. Devono lasciare le loro poltrone. E secondo me servono dei controllori della munnezza: chi mette il sacchetto nel recipiente sbagliato va multato. In questo il cittadino va educato meglio. Il massimo sarebbe il "porta a porta" ovunque, perché così c'è più controllo e i cittadini non possono commettere errori. Con tanti disoccupati, non si possono inventare questi nuovi lavoratori?».
Secondo lei serve maggiore informazione? «Certo. Serve eccome. Credo che ogni personaggio amato dalla gente si debba mettere a disposizione della città che gli ha dato tanto. Lo sto dicendo da tempo: facciamo uno spot, gratuitamente, per invogliare alla differenziata e al riciclo».