Ronde e Vuoti a Rendere le Proposte dei Napoletani

Il presidente del parco del Vesuvio: il 50 per cento dei rifiuti è fatto da imballaggi, basta ridurli
Volantini La giunta comunale ha vietato, tra l' altro, il volantinaggio in occasione dei cortei
26 novembre 2010 - Fulvio Bufi
Fonte: Corriere della Sera

NAPOLI - Era due anni e due mesi fa esatti: Il cardinale Sepe tirò fuori dalla cassaforte in Cattedrale le reliquie di San Gennaro e salì sull' altare. Levò l' urna al cielo e tuonò: «Rialzati Napoli». Largo Donnaregina era invaso dai rifiuti, via Duomo era invasa dai rifiuti. Napoli era invasa dai rifiuti e l' uomo che ne guida la Chiesa decise di invocare l' intercessione del Patrono fuori dalle date canoniche delle celebrazioni - come in precedenza era avvenuto solo in occasione di peste, carestia e eruzione - affinché le coscienze delle persone si risvegliassero in una ribellione civile che spingesse la città fuori dall' emergenza. Ci sarebbe bisogno ancora di quell' urlo al tempo stesso disperato e fiero, e non è la stessa cosa se oggi una frase identica a quella che pronunciò l' arcivescovo la scrive Carlo di Borbone, e dice ai napoletani che questo «è il momento di dimostrare il nostro orgoglio». È vero, è il momento, ma il problema è l' orgoglio. La verità è che Napoli fatica a ribellarsi all' ennesima emergenza fatta di sacchetti di spazzatura a ogni angolo e di nessuna idea su come liberarsene. Il cardinale Sepe non può invocare ogni volta l' intervento del Santo. Ha già parlato di «vergogna» e sicuramente si farà sentire ancora. Ma tutt' intorno c' è poco. C' è un politico come Umberto Ranieri, possibile candidato a sindaco per il centrosinistra, che invoca cinque minuti di silenzio della città per sensibilizzare le coscienze e dare un segnale della disperazione dei napoletani. Proposta suggestiva, ma di fatto solo una provocazione. E andando oltre, la rassegnazione diffusa è spezzata soltanto da Maurizio Marinella, famoso per le cravatte ma anche perché già una volta tirò giù la saracinesca della sua bottega di Riviera di Chiaia assalita dalla spazzatura. Stavolta chiama a raccolta gli altri commercianti del quartiere e dice: «Facciamo le ronde, impediamo a chi non vuole rispettare le regole di buttare la propria spazzatura fuori dagli orari obbligati e dai posti deputati». Ma pure quella è una provocazione, le ronde non sono una cosa napoletana, non funzionano da queste parti, non stanno nel Dna. Il resto è silenzio. O protesta selvaggia, come i cassonetti buttati al centro della strada stanotte in via Monteoliveto, a due passi dalla questura, o i sacchetti sparpagliati di proposito duecento metri più avanti, tra piazza Dante e via Toledo. Non è di questi gesti così che Napoli ha bisogno oggi. E grazie a Dio piove, altrimenti ci sarebbero certamente anche i roghi, che sono l' altra scellerata forma di protesta ogni volta che la spazzatura si accumula in città. Ma in fondo è sempre l' antica storia della città: la borghesia immobile da una parte, la plebe scomposta dall' altra. Oggi non c' è più la plebe ma per trovare chi non perde l' occasione per l' azione scomposta fino a essere selvaggia basta guardarsi intorno. La borghesia invece c' è sempre, anche se ora piace chiamarla società civile, ma in quanto a immobilismo siamo lì. La ribellione, la rivolta tanto pacifica quanto forte contro l' ennesima emergenza fatica a farsi largo. Se un contributo viene, viene di idee, di prese di posizione. Come quella di Aldo De Chiara, procuratore aggiunto da sempre impegnato in inchieste in difesa dell' ambiente. Dice: «La soluzione più immediata sono le discariche. Io non ne sono affatto un sostenitore, e sicuramente sono d' accordo con chi sostiene che due discariche all' interno di un parco protetto come quello del Vesuvio siano decisamente troppe, ma c' era una legge che le prevedeva e che prevedeva l' apertura di altre discariche? Bisognava rispettarla e farla rispettare, e mi sembra di aver capito che i rilievi avanzati ieri dal presidente Napolitano vadano in questo senso. Oggi l' urgenza è liberare le strade dalla spazzatura, e questo lo si può fare soltanto con le discariche. La differenziata deve essere l' obiettivo successivo, e bisogna essere capaci di raggiungerlo in tempi ragionevoli». E poi c' è un' altra cosa di cui Napoli ha bisogno adesso: «Che a farsi carico di uscire dalla crisi sia il governo centrale - conclude -. Delegare gli organismi territoriali in questo momento non serve. Occorrono risorse e mezzi da mettere in campo, e può metterli in campo soltanto il governo. Gli enti locali non hanno né risorse né mezzi. Non sufficienti, almeno». Senso di responsabilità e del bene comune spingono a non schierarsi contro le discariche anche il professor Ugo Leone, presidente del Parco del Vesuvio, quello costretto a ospitare lo sversatoio di Terzigno. Però, dice Leone, la via d' uscita dall' emergenza passa per altre strade: Basterebbe innanzitutto rispettare la legge che obbliga a separare il rifiuto secco da quello umido, e utilizzare il primo nella filiera del riciclaggio, e il secondo per produrre compost di qualità e contribuire così a salvare le colture dai fertilizzanti chimici. E poi cominciare a capire che la parola rifiuto non indica qualcosa che non serve più ma qualcosa che piò essere ancora utilizzato. Ricominciamno con i vuoti a rendere, col recuperare ciò che rimane nelle nostre pentole e utilizzarlo in ricette nuove e saporite. Il rifiuto può essere una ricchezza. E impariamo a liberarci degli imballaggi che rappresentano il cinquanta per cento della nostra spazzatura e quasi sempre sono inutili. Sono regole semplici ma se non cominciamo ad applicarle non ne usciremo mai».

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