Dalla camorra allo scandalo P3: il Parlamento nega l’arresto ma perde la poltrona nel governo

Il coinvolgimento della loggia deviata decisivo nel disegnare il destino politico dell'uomo forte del Pdl
1 dicembre 2010 - r.cap
Fonte: Il Mattino

Da settembre del 2008 a ieri mattina, inizio e fine di un’indagine preliminare la cui esistenza è diventata nota all’indomani di un omicidio eccellente, quello di Michele Orsi ammazzato durante il periodo delle stragi casalesi, e i cui passi si sono spesso confusi con i tempi della politica: nomine, scadenze elettorali, congressi di partito. Ma anche con gli intrighi che hanno contraddistinto gli ultimi mesi della vita istituzionale italiana. Alla fine, se Nicola Cosentino ha lasciato la sua carica di sottosegretario all’Economia, non è stato perché sulla sua testa pesava la richiesta di arresto per concorso esterno nell’associazione mafiosa ma perché il suo nome era entrato in quella sulla P3, la cricca paramassonica che, sostiene la Procura di Roma, pilotava appalti e governava incarichi, compresi quelli al vertice degli uffici giudiziari più importanti d’Italia. Era successo che nei giorni successivi alla firma dell’ordinanza di arresto da parte del gip di Napoli Raffaele Piccirillo, giorni di pre-campagna elettorale per il rinnovo del consiglio regionale della Campania, la P3 si era interessata della sorte del provvedimento, sollecitandone la rapida definizione in Cassazione. Interessamento che, per la verità, non ha portato risultati utili: Cosentino rinunciò alla candidatura a governatore prima della pronuncia della Suprema Corte, alla quale si era rivolto per «saltum», cioè senza il preventivo passaggio per i giudici del Riesame; gli ermellini, dal canto loro, confermarono la decisione del gip. Ma la cricca aveva comunque brigato, così come qualcuno dello stesso gruppo aveva contribuito alla creazione di un dossier diffamatorio su Stefano Caldoro, attuale governatore della Campania. Nicola Cosentino è stato, dunque, indagato a Roma per violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete; si è dimesso contestualmente alla notifica dell’avviso di garanzia. Il non ricoprire più incarichi di governo non gli ha però spianato la strada sotto il profilo cautelare. Il Tribunale del Riesame, in sede di appello, nel settembre scorso ha infatti rigettato l’istanza di revoca della misura cautelare, ritenendo che non fossero venute meno le esigenze cautelari. Il Parlamento ha successivamente negato l’utilizzo delle conversazioni telefoniche tra il parlamentare e l’ex presidente del Ce4, Giuseppe Valenti, o Michele Orsi, uno dei titolari di Ecoquattro. Conversazioni già note in quanto depositate nel processo-madre per la gestione del consorzio di bacino e della società di servizio, entrambi infiltrati dal clan dei Casalesi. L’avviso di chiusura delle indagini a carico di Nicola Cosentino ha provocato le reazioni degli esponenti politici del Pd, tra i quali il segretario regionale Enzo Amendola, la deputata Pina Picierno e i responsabili giustizia e sicurezza del partito, Andrea Orlando ed Emanuele Fiano. «La fine delle indagini che riguardano Nicola Cosentino, nel quadro già inquietante delle sue responsabilità rendono ancora, se possibile, più stridente - hanno dichiarato attraverso una nota - l’incompatibilità tra le condotte di cui gli atti delle indagini danno conto e i suoi incarichi politici e istituzionali. Deve lasciare la guida del Pdl Campania, il principale partito di governo della Regione chiamato oggi a fronteggiare l’esplosione dell’emergenza rifiuti. Stando alle indagini, Cosentino risulta collocato in questa zona grigia che ha consentito alla camorra di rafforzare nel corso degli anni il suo potere economico e criminale».

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