Sorpresa: le piramidi di ecoballe passate da Fibe alle Province

Otto milioni di tonnellate valgono (sulla carta) 2,5 miliardi
25 novembre 2010 - Patrizio Mannu
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

NAPOLI. Il packaging verdino che avvolge le ecoballe campane contiene oro. Soltanto virtuale, però. Perché nei fatti stiamo parlando di rifiuti; ogni tipo di rifiuto, ammassato in circa 10 anni e stoccato in nove siti a formare ziqqurat con "mattoni" del peso di circa milletrecento chili ognuno.
Le ecoballe, appunto. Un dislocazione che la delegazione europea (Judith A. Merckies, Paesi Bassi; Peter Jahr, Germania; Margrete Auken, Danimarca) che ha visitato dall'esterno il sito di Taverna del Re ha definito «uno spettacolo impressionante quanto imponente». Le ecoballe «occupano - scrivono nel settembre scorso i parlamentari europei - un'area di due chilometri quadrati e un'altezza di circa cinque metri e sono coperte da tele cerate nere». Vero, impressionante.
Dicevamo che sono oro. Perché? Le ecoballe - che per legge devono essere "combustibile da rifiuti", ma in Campania non è così certo - dovrebbero essere smaltite bruciandole negli inceneritori. Il calore prodotto dalla loro combustione produrrebbe energia buona per essere venduta al gestore nazionale in cambio di un pagamento. La normativa lo identificata con la tariffa del Cip6 (sborsata da tutti noi nella bolletta fino al 2006), in soldi sono circa 17 centesimi per kilowatt all'ora. Ecco il valore di quell'oro: due miliardi e mezzo di euro, rivenienti dai circa 8 milioni di tonnellate di immondizia stipata fra Casalduni, Ferrandelle, Taverna del Re, Giugliano e Caivano tanto per citarne alcuni. Facile, direte voi, c'è l'inceneritore di Acerra e tutto potrebbe finire lì. Errato. Ecco perché quell'oro è virtuale.
Primo, perché se cominciassimo oggi a smaltire la massa di eco-balle ci impiegheremmo 56 anni; secondo, più importante, in quei cubi di circa un metro per lato non sappiamo cosa ci sia. Lo dice Paolo Rabitti, ingegnere, autore di Ecoballe (per i tipi di Alberti editore) ma soprattutto consulente della Procura di Napoli, la quale ha aperto un'inchiesta sulla gestione dei rifiuti, e ottenuto il rinvio a giudizio di Fibe (la società che avrebbe dovuto realizzare il sistema regionale dello smaltimento), Antonio Bassolino e altri.
«Secondo i giudici - afferma Rabitti - quelle ecoballe non sono a norma. Cosa contengano non lo sappiamo; non sappiamo se sono costituite da immondizia pronta per essere bruciata o contengano anche altro. Mai nessuna analisi è stata eseguita, né prima in fase di collaudo dei Cdr, né dopo». La delegazione europea afferma che «la questione chiave è la mancata selezione o filtraggio dei rifiuti e la Campania si ritrova oggi con milioni di ecoballe di qualità inferiore allo standard, sospettate peraltro di contenere rifiuti tossici». Dubbi solleva anche Guido Viale, economista ambientale: «Mi hanno detto di possibili rifiuti tossici e speciali contenuti negli imballi e comunque sia non possono oggi essere bruciati negli impianti esistenti in Italia. Sprigionerebbero un calore troppo alto per quegli impianti, 1.200 gradi».
Che fare allora? Due le strade.
La prima: bruciarle nelle centrali a carbone, ce n'è una a Brindisi, o in un forno sperimentale messo a punto dall'Enel e in funzione a Gioia del Colle. Ma così facendo non si otterrebbe nessuno contraccambio (Cip6) ma si aumenterebbero i costi, poiché quei rifiuti (che sempre l'Ue ha definito «mummificati») dovrebbero essere alzati da terra, reimballati e trasportati. Per avere un'idea il trasferimento delle ecoballe in Germania, 1,3 milioni di tonnellate, è costato in due anni a Palazzo Santa Lucia 450 milioni. Moltiplicate questa somma per le tonnellate oggi esistenti e avrete il tutto. Seconda strada: costruire un nuovo termovalorizzatore capace di sopportare alte temperature. «Ed è l'ipotesi - dice Viale - a cui aveva lavorato Berlusconi, "inventandosi" il quinto inceneritore fra Giugliano e Villa Literno. Il problema s'è verificato quando l'Ue ha annunciato al governo il divieto al ricorso al Cip6, configurandolo come aiuto di Stato. Quindi nisba.
A questo punto, la patata bollente dello smaltimento verso chi è rotolata? Fibe, che le ha approntate e avrebbe dovuto smaltirle, non è più proprietaria.
«Le ecoballe - afferma il legale che difende Fibe in quello che nelle cronache è diventato il "processo Bassolino", Alfonso Stile - a mio avviso sono di pertinenza degli attuali gestori dei siti di stoccaggio, vale a dire le province di Napoli e Caserta che hanno costituito due società, la SapNa per Napoli e la Gisec per Caserta, così come evidenziato in una sentenza del Consiglio di Stato che porta la data del gennaio 2010. Resta anche ovvio, che le accuse dei pm sono da noi rigettate in toto. Le ecoballe avremmo potuto bruciarle se solo ci avessero permesso di realizzare per tempo gli inceneritori». Per adesso lo "spettacolo" dei rifiuti che potrebbero essere oro ma mai lo saranno è sotto gli occhi di tutti. Ed è anche gratis, visto che il biglietto (salato) la collettività l'ha pagato in questi ultimi 10 anni.

I numeri

2,5 I miliardi di euro che si potrebbero ricavare dalla combustione delle ecoballe (se fosse possibile) e che iI gestore della rete elettrica nazonale pagherebbe alle Province
1.200 I gradi centigradi che la comoustione delle attuali ecoballe produrrebbero se tosse possibile bruciarle. La temperatura è troppo alta per gli inceneritori oggi esistenti in Italia
17 I centosimi di euro a kilowatt per ora che il gestore elettrico nazionale pagherebbe per l'energia ad esso vendita e generata dalal combustione della ecoballe campane
450 I milioni di euro che Palazzo Santa Lucia ha dovuto sborsare in due anni per il trasferimento in Germania grazie convogli ferroviari di un milione e mezzo di ecoballe

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