Non esistono “buche” pronte per buttare i sacchetti che sommergono la città

Senza via d'uscita

Taxi per il "giro tra la spazzatura": "Dottò da dove volete cominciare?"
Seicento tonnellate al giorno per tutti
24 novembre 2010 - Enrico Fierro
Fonte: Il Fatto Quotidiano

“Monnezza tour” a Napoli. “Dottò da dove volete cominciare?”. Basta prendere un taxi e si va. Per le strade intasate di rifiuti, a vedere i cassonetti debordanti, i sacchetti sventrati, le lavatrici, i cessi in disarmo, i bidoni che ogni tanto affiorano a mala pena coperti da bucce di banana, foglie e scarti: l’enorme montagna di monnezza che Napoli riesce a produrre ad ogni spuntar dell’alba.

TRENTA tonnellate ogni ora, più di 600 al giorno, 12 chili di schifo e veleni a testa per ogni bambino. “E meno male che piove e fa freddo”, dice il tassista mentre scendiamo da via Don Bosco, a pochi metri dal cimitero monumentale. È una delle strade d’ingresso alla città, Napoli ti accoglie così, con la vista di tonnellate di monnezza per strada e una puzza che ti impregna le narici. Assessore come va? È la domanda che da giorni, dall’inizio di questa nuova emergenza, rivolgiamo a Paolo Giacomelli, assessore all’igiene pubblica della città. È persona gentile, un tecnico prestato all’amministrazione della città che ama dire le cose come stanno: “Non siamo ancora morti, ma la situazione è senza via d’uscita”. La conversazione finisce qui, il tour, invece, continua. Verso la periferia, Pianura, la sede della discarica dei veleni e dei tumori. A delimitare l’ingresso del quartiere una sorta di “muro di Berlino” della monnezza. Le macchine fanno fatica a prendere la curva, la strada, a doppio senso di marcia, è già ad una sola corsia. “Ormai, fa un automobilista, ci siamo abituati, quando c’è stata l’altra crisi ci siamo allenati a scansare i sacchetti”. Girando l’impressione è che quel poco che si sta facendo a Napoli punti a mantenere pulito il centro, soprattutto quello visitato dai turisti, ma anche questa sembra una battaglia persa. Via Chiaia, la strada dello shopping. I negozi sono semivuoti. “Questa è un’altra mazzata che ci arriva sulla testa, dice un commerciante affacciato sulla porta del suo negozio, la gente non viene a fare la spesa dovendo scansare i sacchetti dell’immondizia. Guardate là, proprio di fronte a voi”. C’è la bancarella (regolarmente abusiva) di un venditore di castagne arrostite e vino novello, alle sue spalle piazzetta Carolina, un promontorio di sacchetti. Il venditore continua a rigirare le sue castagne sulla brace, non racimola un cliente che sia uno. “E mo si fa notte e arrivano pure le zoccole (a Napoli i topi, quelli grossi, ndr), ci dice sconsolato. Via Foria, il Vomero, cassonetti stracolmi. Teatro San Carlo, una massa di rifiuti in bella vista e ammirabile anche dagli avventori del “Caffè Gambrinus”. Piazza Municipio, sede del Comune, Via Santa Lucia, Giunta Regionale, pulizia apparente nei pressi dei palazzi del potere, perché basta girare l’angolo e lo spettacolo è di rifiuti accumulati a quintali. La città è una discarica a cielo aperto. Domani (oggi per chi legge, ndr) sulle strade ci saranno 4 mila tonnellate di rifiuti non raccolti, appesantiti dall’acqua, fradici e che nessuno vuole. Le Regioni del Nord hanno detto di “no” e sono state accusate di essere poco solidali con la Campania, ma anche dentro la regione la solidarietà scarseggia. “Noi non siano la pattumiera dei napoletani”, ha detto chiaro e tondo Domenico Zinzi, Udc, presidente della Provincia di Caserta sbarrando a doppia mandata le sue discariche. Non c’è un “buco” pronto da riempire per alleggerire la città. L’emergenza sanitaria è alle porte e allora ognuno si inventa soluzioni che non ci sono.

USARE  le cave abbandonate, portare i rifiuti nel sottosuolo, riempire i siti militari dismessi. In attesa che il decreto del governo, dopo la sfuriata di Napolitano arrivato finalmente al Qurinale, faccia ‘o miracolo. Ma da quello che si sa, il decreto più che puntare a pulire Napoli e a salvarla dalla catastrofe ambientale, si preoccupa di sedare correnti, potentati e comitati d’affari all’interno del Pdl campano. Lo scontro è sugli inceneritori, qui o vinceva il gruppo di Cosentino & soci (in pratica i presidenti delle Province) o la spuntava Stefano Caldoro, il governatore della Regione. Hanno pareggiato, perché Caldoro potrà nominare commissari straordinari ma solo “in accordo” con le Province interessate. Insomma, dovrà trattare modalità e tempi delle gare d’appalto con Gigino Cesaro e con Edmondo Cirielli. Decreto “politico” ed elettorale. Basta dare uno sguardo alla melmosa materia del personale dei consorzi addetti alla raccolta differenziata. Sono tremila in tutta la regione, 2300 tra Napoli e Caserta. Fino ad oggi sono stati pagati dalla Protezione civile praticamente senza lavorare (a Napoli la percentuale di differenziata è del 19%, doveva essere del 35), erano destinati alla “mobilità” ma il decreto gli concede una proroga di un altro anno, “in vista del loro impiego”. Sono famiglie intere, e in primavera a Napoli si vota per il Comune, e ci sono le elezioni politiche che incombono. Napoli non è morta, ma la situazione è senza via d’uscita...

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