Napoli ha un «inceneritore» umano Lo gestiscono i rom a Scampia

I nomadi incendiano a pagamento ogni tipo di rifiuti
Con venti euro si «smaltisce» un quintale di copertoni
24 novembre 2010 - Luca Mattiucci
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

L'«inceneritore» dei rom a Scampia NAPOLI - Bastano solo 20 euro per disfarsi di un quintale di copertoni d’auto. Anche meno per elettrodomestici, mobili e rifiuti ingombranti. Ad offrire questo servizio di smaltimento non è però l’Asia (Azienda servizi igiene ambientale), ma un campo rom del napoletano, a Scampia, in via Cupa Perillo. È questo l’ennesimo macabro risvolto dell’emergenza rifiuti, con buona pace per la salute dei cittadini. I materiali depositati nel campo vengono, difatti, sistematicamente arsi dai nomadi sprigionando nell’aria una gran quantità di sostanze tossiche. Almeno tre o quattro i roghi appiccati ogni giorno nel Campo. Colonne di fumo nero che superano i dieci metri avvolgono gli edifici circostanti, tra questi anche una scuola elementare.
IL PRECEDENTE - Un fenomeno che solo nelle sue fasi più eclatanti è saltato agli onori delle cronache. Come l’ultima volta, lo scorso 4 settembre, quando l’incendio particolarmente violento richiese un massiccio intervento dei vigili del fuoco. Ma anche i domatori di fiamme di entrare nel campo non ne vogliono sapere. Non di rado sono stati minacciati ed oggi lì ci entrano solo scortati dalla polizia. Un vero e proprio «Stato nello Stato» dove la legge da rispettare è un’altra: il business dell’improvvisazione. Guadagni facili e legami con la criminalità organizzata senza troppo curarsi di ciò che verrà. Un buco nero dove si pensa finiscano anche materiali illeciti messi a deposito temporaneo dalla camorra. A pochi metri infatti le famose «Case dei Puffi», la più grande piazza di spaccio del Sud Italia.
L'«inceneritore» dei rom a Scampia LE REAZIONI - Ma la gente non ci sta ed inizia a ribellarsi. I cittadini, di recente, hanno dato vita ad un Comitato il cui nome chiosa la situazione: «Gli affumicati». Hanno raccolto centinaia di firme, finite con ogni probabilità nel dimenticatoio in qualche cassetto della Prefettura. « Non è una questione di razzismo. Qui ci sono solo persone che vorrebbero vivere meglio. – afferma Chiara Giordano Presidente della Onlus "Campania in Movimento" - Anche nel Campo ci sono famiglie fatte di brave persone, ma per evitare tensioni ci vorrebbero politiche sociali vere. Qui, invece, si susseguono interventi estemporanei che non servono a nulla». E così mentre lo Stato latita, l’aria si inquina e la gente si esaspera tutto viene ammantato da un'altra colonna di fumo, la peggiore, quella del silenzio. Un silenzio fatto di braci. Ed è cosa nota che proprio dalla brace nasce l’incendio peggiore e la paura, adesso, è che si faccia un salto nel passato, al maggio del 2008, quando una guerra tra Stato, antistato, camorra, rom e cittadini finì sui media di mezzo mondo conil terribile rogo del campo di Ponticelli.

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