Soldati all'opera e sul balcone spunta il tricolore

Pale meccaniche con sigla Nazioni Unite utilizzate in libano e per il sisma di Haiti
30 novembre 2010 - Pietro Treccagnoli
Fonte: Il Mattino

Cittadini seguono le operazioni da un balcone dove sventola il tricolore Quarto. Nelle brume di Quarto ci si aspetta un clima da «arrivano i nostri». Ecco c’è l’esercito che libera le strada dai cumuli di monnezza. L’atmosfera non è molto patriottica, però, anche se dal balcone di un condominio, al primo piano, sventola un tricolore. «L’abbiamo messo dai Mondiali, non c’è andata bene» spiegano gli inquilini. «Speriamo di essere più fortunati con i rifiuti». In che senso? «Che li tolgano una volta per tutte». Poco entusiasmo e molto pragmatismo, ai limiti della rassegnazione. A via Madre Teresa di Calcutta, poco lontano dalla Cumana e da una scuola elementare, la monnezza era diventata un muro di duecento metri. Roba da primati e che ricordava i giorni bui di due anni fa. I militari sono arrivati in tarda mattinata. Una ventina circa di soldati del 21mo reggimento del Genio Guastatori, inquadrato nella Brigata Garibaldi, di stanza a Caserta, guidati dal generale Antonio Monaco. Sotto l’egida del tenente generale Mario Morelli. Si è andato avanti per ore. C’erano da tirare su 100 tonnellate di sacchetti e lordume puzzolente che ingombravano la strada da tempo immemorabile. Tra i sacchetti spicca persino una zucca di Halloween che sarà stata buttata perlomeno da un mese. Otto i ribaltabili da riempire con due pale meccaniche che facevano avanti e indietro. Ma prima di rimuovere la spazzatura ammorbante si erano messi all’opera i disinfettatori: tuta bianca monouso, maschera che li trasformano in astronauti sul pianeta monnezza e gli aspersori, una specie di piccoli bazooka che lanciano sui cumuli sostanze per bloccare la diffusione nell’aria di elementi contagiosi. Un’altra squadra più piccola è all’opera a Castellammare per elminare altre 50 tonnellate (quattro mezzi, 10 soldati e una pala meccanica, sui quali c’era anche la sigla delle Nazioni Unite, perché solitamente vengono usate all’estero, come è accaduto in Libano e per il terremoto di Haiti) e anche da laggiù tutto viene portato allo Stir di Giugliano, fino a quando non sarà utilizzabile anche quello di Tufino. Si prosegue oggi a Quarto, Castellammare, ma anche a Sant’Antimo. La Cumana è a due passi. Sul cavalcavia ferroviario passano i treni a segnare il tempo. Il via vai dei pendolari è quello di un lunedì mattina. Sulla faccia di studenti e impiegati compare un sorriso, giusto un pizzo che può essere di stupore o di soddisfazione. «Avevo perso la speranza» commenta Maria che studia a Napoli. «Sono contenta che siano arrivati i militari, ma penso anche che non si può andare avanti di emergenza in emergenza. Non vorrei che a Natale ci trovassimo di nuovo punto e a capo». Dai palazzoni grigi la gente si affaccia, guarda il cielo plumbeo e annusa l’aria ancora fetida. Richiude le finestre: teme le nuvole veloci in alto nel cielo che sembrano annunciare la pioggia e quelle più lente che si alzano da terra e chissà che cosa contengono. Gli automezzi militari con la sigla Nazioni Unite. Quarto è un paesone di 40mila abitanti, più periferia di Napoli che comune a sé. È cresciuta negli ultimi decenni come tutta la prima cintura metropolitana proprio per l’arrivo di chi cercava qui case a prezzi ragionevoli e magari pure aria pulita, nonostante l’umidità stagnante nel cratere spento dove è costruito il centro storico non fosse di buon auspicio. Il legame con la città è stretto e rapido, grazie alla tangenziale e alla Cumana. A terra fino a ieri mattina c’erano 700 tonnellate di monnezza. Al ritmo di 100 al giorno, considerando le 50 di produzione fresca quotidiana si rischia di andare avanti per una decina di giorni. «Noi siamo vittime di Terzigno» spiega il sindaco Sauro Secone. «Da quando non abbiamo potuto più sversare a Cava Sari ci sono stati ben dieci giorni di mancata raccolta». L’esercito a Quarto era già venuto due anni fa. E si sentono un po’ di casa. «Abbiamo cominciato da via Madre Teresa» aggiunge Secone «perché è una zona dove si fa la differenziata e ormai i cassonetti erano stati sommersi dai sacchetti indifferenziati. Si stava distruggendo e inquinando un lavoro che stiamo portando avanti con impegno». La differenziata nel comune flegreo è al 20 per cento, ma il primo cittadino annuncia che per metà dicembre la raccolta porta a porta per altre 700 famiglie. Intanto c’è da ramazzare strade cittadine e periferiche fino all’area archeologica di località Spinelli, dove la Fescina, rudere di epoca romana, è circondata da mesi da rifiuti ingombranti, materiali edili di risulta e tutto quanto può essere ammacchiato in una zona poco frequentata, alla faccia di quel poco di archeologia che può vantare.

Powered by PhPeace 2.6.4