Ecco il «modello Cairo», riciclo al 95% ma per la raccolta un esercito di disperati
Un euro al giorno per separare l'immondizia
La raccolta differenziata non è una prerogativa dei paesi sviluppati, delle società affluenti dell’Europa. Dall’altra parte del Mediterraneo, all’ombra delle Piramidi l’hanno inventata cent’anni fa. Certo, per Napoli più che un modello è una lezione: non bisogna essere ricchi per saper sfruttare economicamente la monnezza. Al Cairo, con un riciclaggio rudimentale, hanno saputo creare una grossa opportunità per popolazioni marginali e misere, così che le strade del centro della capitale egiziana, una megalopoli di 20 milioni di abitanti (venti volte Napoli, almeno sei volte l’intera provincia) sono sufficientemente pulite, rendendo orgogliosi Mubarak (e forse pure le sue nipoti) che possono mostrare una vetrina turistica più appetibile di Napoli. Sulle rive del Nilo lavorano, come formiche, gli zabbaleen, letteralmente raccoglitori di immondizia. Sono quasi tutti cristiani copti, quindi emarginati dalla maggioranza musulmana. Vivono in quartieri che sono l’inferno in terra. Ma in un paese complesso come l’Egitto non sono neanche gli ultimi, perché c’è gente che campa peggio di loro: non hanno neanche la spazzatura da cui trarre sussistenza. Di quartieri zabbaleen ce ne sono otto. A Zaraib, ovvero stalle, perché ci allevavano i maiali (il governo al tempo dell’influenza suina, ha colto al balzo la palla per ordinare l’abbattimento di tutti gli animali impuri, secondo la legge del Corano), ci sono balle su balle di monnezza, divisa per carta, vetro, alluminio, plastica, umido e stipate dentro palazzi in perenne costruzione, sui tetti, nelle stanze, nei garage, sotto i letti. In pratica è un enorme sito di stoccaggio temporaneo. Una puzza incredibile. Mosche, pidocchi, topi a migliaia, cani rognosi. Malattie croniche per il contatto con sostanze tossiche in fermentazione. Una Malebolge che definire bidonville è farle un complimento A stretto contatto con loro lavora padre Luciano Verdoscia, missionario comboniano di origine pugliese, che per anni ha vissuto a Napoli, conservando la residenza a Casavatore, sebbene viva in Egitto da oltre un quindicennio. Si occupa dei bambini, circa seicento, provando a sottrarli dalla strada e integrando la loro educazione. Perché sono proprio i più piccoli il primo anello della catena. Sono loro che vanno per le strade e nelle case (dove sono pagati) a cercare spazzatura. Una raccolta retribuita con un euro (o poco più) al giorno. Tutto viene accumulato e selezionato da piccole aziende familiari che cedono il «prodotto» a grossisti. Nulla viene sprecato e lasciato a ingombrare le strade dei ristoranti e degli alberghi. Una lattina schiacciata è un atomo di reddito. I grossisti si occupano di smerciare a chi poi ricicla. In questo modo viene sfruttato persino l’umido trasformato in compost e utilizzato come fertilizzante. Insomma, è una differenziata d’Egitto con la quale si riesce a recuperare fino al 95 per cento dei rifiuti. Cifre da record, anche per paesi occidentali molto sviluppati. E non si capisce perché ci riescano tutti, dal primo al terzo mondo e non in questa landa disperata che è diventata la Napoli Nobilissima. «Qualcuno tra questa gente riesce anche a prosperare» spiega padre Luciano che ha realizzato una fondazione onlus «Il meglio di te» «ma la maggioranza sopravvive e cresce nell’estremo disagio». Con quel poco di ricchezza hanno preso alle proprie dipendenze dei musulmani e hanno sostituito gli asini zellosi con i pick up sempre zeppi di materiali tirati su dalle vie del centro e trasportati nelle strade sterrate di questa periferia abnorme. «Per gli zabbaleen» continua padre Luciano «l’immondizia vale oro. E paradossalmente chi sopravvive con questo lavoro infernale è persino invidiato da chi non può permettersi nemmeno i rifiuti». E laggiù che idea si sono fatti dell’emergenza napoletana? Padre Luciano, un volto scomposto in pixel dal collegamento Skype, resta un po’ in silenzio a pesare le parole: «Sembra creato apposta per esasperare l’opinione pubblica. È incomprensibile. Paesi ricchi e Paesi poveri in qualche modo traggono profitti dall’immondizia. Non è possibile che non ci riusciate voi». Vagli a spiegare che ormai Napoli è diventato il punto d’incontro dei mali del primo mondo (l’opulenza che genera monnezza) e del terzo (che spesso non ha gli strumenti per sfruttarla).