L’amarezza del Colle: i politici litigano e non prendono provvedimenti
«Il capo dello Stato non poteva assistere impotente a quanto sta accadendo»: al Quirinale spiegano così la messa in mora del governo da parte di Giorgio Napolitano, costretto a chieder conto di un testo definito «urgente» e oggetto di feroci scontri mentre lui, titolare del potere di emanazione, ne restava all’oscuro.
È stato il weekend di polemiche, scontri e liti attorno ad un testo di cui tutti discutevano senza che nessuno si fosse preoccupato di informarne chi avrebbe dovuto dargli valore di legge a costringere Napolitano a chieder conto pubblicamente dello stato dell’arte del provvedimento urgente per l’emergenza rifiuti: uno spettacolo indecoroso, l’ennesimo braccio di ferro politico giocato su un problema di giorno in giorno più grave. Il fatto è che il trascorrere della giornata non ha fatto che accrescere la preoccupazione di Napolitano. Perché, molto semplicemente, il decreto non c’è. Il governo ha fatto passare ben sei ore prima di abbozzare una risposta all’allarmata nota con cui prima di mezzogiorno dal Colle si chiedeva conto di un atto annunciato ufficialmente da quattro giorni e mai arrivato sul suo tavolo per la firma. Non una chiamata dai ministri competenti - il comunicato di palazzo Chigi, giovedì, elencava come proponenti il presidente del Consiglio e i ministri dell’Economia, degli Interni e dell’Ambiente - è giunta a spiegazione del ritardo. Del resto, contrariamente al solito, nemmeno prima di giovedì l’esecutivo si era preoccupato di anticiparne i contenuti a chi avrebbe dovuto firmare l’atto urgente del governo. Solo alle sei del pomeriggio, ieri, dagli uffici di palazzo Chigi è stato recapitato agli uffici della presidenza della Repubblica uno «schema di decreto legge»: ancora una copertina e solo la traccia delle linee di intervento, senza l’articolato definitivo. Prova che il braccio di ferro non è concluso. Una situazione indecorosa ed intollerabile. E mentre a Napoli i rappresentanti dell’Ue denunciavano una emergenza identica se non peggiore a quelle di due anni fa e il crescere dell’allarme socio-sanitario, Napolitano ha pubblicamente richiamato le istituzioni al dovere del governo dei problemi. È stato anche pensando all’emergenza rifiuti e all’incognita di un intervento definito «urgente» e mai approntato, che il capo dello Stato ha ribadito come «dal riconoscimento della serietà e della complessità delle sfide che abbiamo dinanzi deve derivare un atteggiamento più propositivo da tutte le parti e anche una ricerca della necessaria convergenza, attorno a scelte non di breve ma di medio e lungo termine». Un richiamo generale, ribadito anche in questi giorni di scontri all’interno della maggioranza ed in attesa del chiarimento parlamentare della crisi, che però trova nell’emergenza rifiuti la prova concreta della sua attualità ed urgenza. Non c’è divergenza politica e progettuale - torna a ripetere il capo dello Stato - che possa impedire un confronto trasparente sul merito delle questioni, avendo come obiettivo l’interesse generale. Sono le semplici regole del confronto democratico e della vita istituzionale: «Mi auguro - ha ripetuto Napolitano - che possa prendere piede uno spirito di condivisione. Poi, ciascuno dovrà naturalmente render conto dei suoi comportamenti e dei suoi intenti davanti al parlamento e all’opinione pubblica, Ma il mio auspicio è che ciò possa avvenire in un clima di serietà e razionalità, senza concitazioni fuorvianti». Quel che è mancato in questi giorni di fronte all’emergenza rifiuti.