Disastro rifiuti, da oggi Napoli è sola viaggio nella città col naso tappato
Immaginate di essere in sella a un vespino come quello di Nanni Moretti nel primo episodio di «Caro Diario». Sostituite la svuotata estate romana con l’ingolfato autunno napoletano. Mettete una colonna sonora neomelodica, nordafricana, o al massimo dub. E via andare. La città non vi risparmierà sacchette a piede libero, montagne di monnezza di ogni natura, monumenti barocchi che desideremmo effimeri, olezzi ammorbanti. Benvenuti nel disastro ambientale e nel miracolo imploso. Da Palazzo San Giacomo arriva il solito bollettino di guerra. Ieri le tonnellate stanziali di spazzatura erano scese a quota 2400. Nella notte appena passata era prevista una raccolta di altre 300 tonnellate. La stim
a sembra ottimista. In ogni caso è destinata a peggiorare. Tutto va a finire nell’impianto Stir di Caivano (quello di Giugliano è chiuso), dove ieri c’è stato un incendio (provocato probabilmente dalla fermentazione dei rifiuti) e a Chiaiano. Ma da oggi tutto precipiterà. È scaduta l’accoglienza delle province di Caserta ed Avellino. E come gridava Totò nel finale di un famoso film: «Ormai le hanno chiuse, arrangiatevi». Grande la confusione sotto il cielo della politica, quindi la situazione resta la peggiore. E non risparmia quasi niente e nessuno. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Si va dove ci porta il fiéto. Centro e periferia pari sono. Resiste, stranamente, qualche area. Più che macchie di leopardo sembrano cantoni svizzeri, ma assediati da vagonate di sporcizia che la pioggia gonfia e il pallido sole di novembre non ha il tempo di asciugare. Non c’è strada che la scampi. Via Marina è costellata di montagnole. Corso Umberto è un rettifilo di s
pazzatura che assedia i negozi, spaventa i passanti, costringe gli studenti diretti all’Università a slalom tra marciapiede, carreggiate e cordoli. I vicoli del centro antico trasudano olezzi che risalgono ai coloni greci. Accanto alla chiesa barocca del Purgatorio ad Arco, quella delle capuzzelle, c’è un’indicazione turistica con i tradizionali teschi. Più che una danza macabra sembra un avvertimento di pericolo imminente. Almeno così l’interpretano i turisti che neanche scattano più, tanto ne hanno le fotocamere piene. A via Foria i marciapiedi sono uno sversatorio. Figuriamoci cosa nascondono i vicoli senza sole e mare della Sanità: divieto d’accesso al basso. Non è risparmiato nemmeno largo Donnaregina: i cassonetti davanti all’ingresso della Curia straripano, nonostante qui in zona non abiti tanta gente. Al cardinale che ha alzato la voce contro l’aria malefica che avvelena spirito e corpo non è riservato un trattamento migliore del comune cittadino. Eppure circola una leggenda metropolitana secondo la quale ci sarebbe un elenco di vie, piazzette o condomini da tenere lindi e pinti, perché vi abitano politici, magistrati, uomini delle istituzioni, particolarmente esigenti e, mormorano gli addetti ai livori, notoriamente rompiscatole. A girare come trottole, si direbbe che la lista è completamente saltata.
È pulita buona parte dei Colli Aminei dove si fa la differenziata: solo davanti a qualche supermercato si accumulano cassette, cartoni e buste di plastica. L’unica vera eccezione, scopriamo, è via Maria Cristina di Savoia, la discesa che collega via Tasso al corso Vittorio Emanuele. Cassonetti completamente svuotati e puliti, neanche una carta in strada. Qualcuno dalle finestre ci spiega che si vede al lavoro persino lo spazzino. Non è ancora mezzogiorno di sicuro non ha bevuto. Appena giù dai tornanti elvetici, all’incrocio con il Corso, subito sulla destra c’è monnezza traboccante. E verso la stazione di Mergellina, un barbone con due cani al guinzaglio, orina senza pudore contro i cassonetti rigonfi, in pieno giorno. Si ferma, si sbottona, si svuota e se ne va. Nessuno si indigna o si meraviglia. Le sacchette e i rifiuti speciali sono persino a piazza Municipio o davanti alla sede dell’Asl o a quella del Cnr a via Pietro Castellino. Non si fa a tempo a svuotare. L’apoteosi, però, è al Vomero. Non c’è una strada che si salvi. L’area pedonalizzata di via Luca Giordano è un campo di battaglia dove la spazzatura si mescola con le foglie morte in una scenario iracheno. Chiaia e Posillipo, i quartieri cosiddetti borghesi, pagano il prezzo di un maggiore consumo. E la vista da largo Sermoneta, davanti alla fontana del Sebeto, con il vulcano sullo sfondo della cartolina di Napoli, fa bella mostra una raccolta di bidoncini vuoti di olio di semi di girasole. A fianco c’è un raccoglitore bianco per carta con la scritta Comune di Torre del Greco, ma non si capisce se serva a raccogliere la monnezza o faccia parte della monnezza. All’emiciclio di corso Amedeo di Savoia, prima del ponte della Sanità, c’è il monumento che celebra il re buono, Umberto I. Ricorda una sua celebre frase e un suo clamoroso gesto durante il colera di fine Ottocento. Il morbo impestava la città e lui, preferendo a una celebrazione al Nord la partecipazione al dolore partenopeo, dettò: «A Pordenone si fa festa, a Napoli si muore, vado a Napoli». Ora accanto alla stele di pietra nera, abbellita con una corona, s’innalza un mucchio di monnezza. Erano gli anni del contagio e il ventre di Napoli è rimasto sempre pieno, impudico anche davanti a regali memorie. A Napoli non si muore, per fortuna, ma comunque non si vede nessuno.
Gli studenti del Convitto Vittorio Emanuele II si mobilitano sull’emergenza rifiuti, che da giorni infesta con montagne di immondizia alte quasi due metri l’ingresso all’antica e monumentale struttura affacciata su piazza Dante. Dalle ore 9 di stamattina allievi delle scuole elementari, medie e superiori del Convitto, accanto a docenti e genitori, manifestano in piazza il disagio di una situazione a rischio igienico-sanitario: «L’Asìa ci ha promesso di rimuovere i sacchetti - dice Salvatore Salzano, rappresentante di Istituto - ma resta il problema di disinfestare l’area del percolato versato dalla lunga fermentazione dei rifiuti organici, prodotti tra l’altro dall’erogazione quotidiana di circa mille pasti al giorno nel Convitto».
Una class action contro la Provincia per «l’incredibile aumento della tarsu»: la annunciano i Verdi e alcune associazioni di consumatori. «L’avvocato Angelo Pisani - dichiara il commissario regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli - presenterà la class action contro la nuova stangata della tarsu. Un aumento incredibile con un primo bollettino da saldare già entro fine novembre. Siamo con la spazzatura ai primi piani dei palazzi e ci chiedono di pagare la Tarsu con un ulteriore incremento del 10%».