Paura a Chiaiano troppi sversamenti, la cava "scoppia"

Sopralluogo della commissione regionale
L'occasione sprecata del progetto biogas
19 novembre 2010 - Pietro Treccagnoli
Fonte: Il Mattino

Gabbiani di collina svolazzano affamati, incuranti della pioggia di novembre, sul loro fiero e fetido pasto. Il verso di un rapace riprodotto elettronicamente li allontana per qualche minuto. Poi tornano, girando come avvoltoi. In fondo alla Cupa dei Cani, più Marano che Chiaiano, la discarica alle undici di mattina è in pieno lavoro: camion, ruspe, una montagna di sacchette e terra che s’amalgamo in fanghiglia. E un insopportabile odore caramelloso di putrefazione che ti si attacca addosso e diventa una seconda pelle. Gabbiani di collina sulla collina dei ciliegi. Le vie della monnezza sono infinite, ma quella più breve, e per ora l’unica percorribile nella provincia di Napoli, è quella che porta a Chiaiano. Ma sarà una strada aperta per meno dei sei mesi ancora previsti. Forse solo quattro, al massimo cinque. Dopo l’autunno del nostro scontento, se non si trovano soluzioni rapide, Napoli sprofonderà in una primavera di monnezza. Qui, ieri mattina, c’è stato il sopralluogo della Commissione regionale su ecomafie, siti di smaltimento e bonifiche ambientali. Discarica di Chiaiano C’era il presidente Antonio Amato (e con lui Mafalda Amente, Enrico Fabozzi e Corrado Gabriele, l’assessore provinciale Giuseppe Caliendo, sindaci di Mugnano, Giovanni Porcelli, e Marano, Salvatore Perrotta, e Raffaele Del Giudice di Legambiente). Con loro anche rappresentanti dei Comitati che in questi due anni non hanno mai mollato la presa. Il risultato, secondo i visitatori che hanno ascoltato l’ingegnere Paolo Viparelli della Ibi, che gestisce la cava, è una discarica «tecnicamente ben gestita». Un commento all’unisono. Ma, aggiungono, i problemi ci sono: «nascono, oggi, da un eccessivo conferimento quantitativo e, in passato, da un pessimo conferimento qualitativo dei rifiuti». Per dirla in chiaro: troppa monnezza giornaliera, ben oltre le 750 tonnellate stabilite e, in passato, anche scarti che non dovrebbero andare in una discarica. Promossa con riserva. Sei politico. Ma si potrebbe ampliare? La risposta è secca ed è un no, lo sostengono gli stessi tecnici. Però, la paura dell’apertura di nuovi siti in altre cave della zona è forte. E gli amministratori locali sono in allarme. Qualcuno avrebbe già fatto un pensierino all’enorme invaso di tufo di fronte al piccolo cimitero di Chiaiano. L’ostacolo principale sarebbe l’accesso. L’unica strada percorribile ai camion passa davanti a troppi ospedali. «Una discarica resta una discarica» hanno scritto a visita conclusa i commissari «e miasmi e deturpazione della natura sono sotto il naso e gli occhi di tutti». Meglio di Terzigno e Giugliano, ma, spiegano, restano i problemi di squilibrio idrogeologico e la necessità di una bonifica per il deflusso delle acque piovane. Il percolato, insomma. Non quello prodotto dalla discarica, ma quello che scola in strada i camion in attesa e che finisce direttamente nell’alveo dei Camaldoli. «E se non si completano in modo corretto i collettori fognari si corrono seri rischi alluvionali», sottolinea la delegazione. Insomma, poteva andare meglio. E il rammarico è anche nello spreco di una buona occasione per fare cassa. Un business da fare proprio con il biogas, ovvero con l’imputato principale dell’appestamento dell’aria. Amato & Co., appoggiano il progetto di Viparelli che punta a trasformare il biogas in energia elettrica. Facendo un po’ di conti porterebbe «anche un sostanzioso ricavo, approssimativamente 6 milioni di euro in 15 anni, superando l’illogica scelta della semplice captazione». Attualmente a Chiaiano ci sono dai 100 ai 120mila metri cubi di materiale. La soglia finale è vicina. Poi la gente aspetta la bonifica.

Powered by PhPeace 2.6.4