DISCARICHE LETALI

EMERGENZA RIFIUTI: LA Protezione Civile di Bertolaso e gli sprechi infiniti

UN DISASTRO COMINCIATO 17 ANNI FA E POI CRESCIUTO ASSIEME AGLI AFFARI DI CAMORRA E POLITICA. MA SOPRATTUTTO ACCOMPAGNATO DALL'INEFFICIENZA DI CHI CI AVEVA PROMESSO DI RISOLVERE TUTTO
12 novembre 2010 - Antonio Corbo
Fonte: Venerdì di Repubblica

NAPOLI. Oltre le guerriglie notturne, spuntano una data e un cumulo di cifre. I1 12 febbraio 2011 lo scandalo dei rifiuti in Campania avrà 17 anni: ma non è certo l'età dell'innocenza. È facile prevederlo, la più longeva emergenza italiana supererà agilmente i vent'anni e lo dicono i fatti: mancano ancora tre dei quattro inceneritori previsti. Più che una vergogna, è una giostra di danaro pubblico. Quel 12 febbraio 1994 venne dichiarato lo stato di emergenza e nominato il primo commissario di governo con poteri straordinari per i rifiuti.
Si era appena fermata la ricostruzione in Irpinia per il terremoto del 1980 e si ripropose lo stesso schema criminale: politica, imprese, camorra. «La monnezza è oro, dottò» ha spiegato ai magistrati il pentito Nunzio Perrella. Un «tesoro» che vale già quattro miliardi di euro, calcolando anche il miliardo duecento milioni di euro ancora da saldare a privati e Comuni. Spese «pazze», spesso. Quella più «allegra» è attribuita all'architetto Claudio De Biasio, subcommissario di Guido Bertolaso per l'emergenza. Per i suoi 40 anni, invitò gli amici su una nave della Gestur di Pozzuoli. Una festa costata 40 mila euro: De Biasio girò il conto al consorzio. Si legge anche questo nel libro La Peste (Rizzoli, pp. 280, euro 18,50), da poco in libreria, scritto da Tommaso Sodano di Rifondazione comunista, ex presidente della commissione ambiente del Senato, con il giornalista Nello Trocchia.
Partendo dalle sue denunce e dai dossier della Commissione bicamerale, presieduta da Paolo Russo di Forza Italia, Sodano ha ricostruito la prima inchiesta su Antonio Bassolino e sulla Fibe, la società di Impregilo che ha costruito l'inceneritore di Acerra. Senza fermarsi, neppure davanti ad avvertimenti inquietanti: un coniglio sgozzato nel garage e due buste con otto proiettili. Molta la solidarietà, a cominciare da Roberto Saviano.
«Ho scritto con la rabbia di chi vuole uscire dalla solitudine» dice. «Dopo la mia denuncia avrebbe dovuto muoversi la destra, invece... Mi sono mosso io, da sinistra. La peste delle istituzioni ha riunito tutti: è trasversale. Una ricca e tranquilla spartizione, la destra a Caserta e il centrosinistra a Napoli».
Sodano indica inquirenti coraggiosi, ma non risparmia sospetti su procure, prefetture e carabinieri mai sfiorati da dubbi. E non ha avuto paura neppure di Bertolaso: «Annunciò una querela, ma non è mai arrivata». Era protetto da Bertolaso anche Claudio De Biasio, suo vice dopo aver diretto il consorzio per la gestione dei rifiuti più indagato della Campania, lo stesso che ha portato l'ex sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino (Pdl) a rischiare il carcere: un'ordinanza emessa dal gip Raffaele Piccirillo, il 19 dicembre 2009, convalidata dalla Cassazione, ma bocciata in Parlamento. «E uno dei nostri» diceva l'imprenditore Michele Orsi, snodo tra politici di destra e clan dei casalesi, raccomandando De Biasio. Unico candidato quando fu assunto, cinquemila euro il primo stipendio: De Biasio non conosce ostacoli. Arrestato il 3 aprile 2007, mentre andava a Caserta per aprire la discarica Lo Uttaro, bollata dal vescovo Raffaele Nogaro come «cimitero dei vivi» e sequestrata per grave rischio della salute pubblica, torna in pista con la Protezione civile. Incarico direttivo in Puglia, poi per il G8 alla Maddalena, ma alla fine il nuovo stop: si dimette qualche giorno prima del secondo arresto. I pareri, su di lui, sono discordanti. Per il gip «dimostra una spiccata personalità criminale», per Marta De Gennaro - allora numero due della Protezione Civile - «è soltanto un bravo ragazzo», per l'ex prefetto Corrado Catenacci è intoccabile, perché «protetto molto in alto».
De Biasio, da parte sua, non sta zitto e conferma gli sperperi del Consorzio Eco4: «Quando l'ho lasciato, aveva 20 impiegati, 28 addetti nei cantieri e 56 nella raccolta differenziata». In quattro anni, poi, da 100 dei tempi di De Biasio, i dipendenti salgono a 500: uno ogni 320 abitanti. Eco4 era telecomandato da Nicola Cosentino attraverso Giuseppe Valente, il presidente che, appena esautorato, fa ancora in tempo ad autonominarsi direttore. Uno che accompagnava i politici anche dal boss latitante Giuseppe Fragnoli, del quale aveva assunto il figlio. Spiega De Biasio: «Valente in realtà è un politico. Mi creda, ce n'è uno in ogni consorzio». Poi rivela il sistema: «Tutto è in mano agli imprenditori che, dall'edilizia, passano al settore rifiuti. E sporco, ma rende di più».
Da quando De Biasio non c'è, la situazione di Eco4 peggiora: assume altri 19 dirigenti, il deficit annuale aumenta di 550 mila euro, e diventa il simbolo degli sperperi dei consorzi. Ne furono creati 18 nel 2001, con un decreto di Antonio Bas-solino: il governatore credeva nel progetto. I posti di lavoro erano 2400, ma gli assunti hanno lavorato «nel 2004, solo al 5 per cento, nel 2005 al 15 per cento»: quasi nulla, insomma. Il contratto di lavoro è quello di Federmeccanica con 14 mensilità e stipendi di 140 mila euro all'anno per i dirigenti. Ma per fare che cosa? «La raccolta differenziata» è la versione ufficiale: nessuno, però, l'ha mai fatta. Quando la polizia scopre una bisca interna per la zecchinetta, un dipendente cita il consorzio: «Non mi fa lavorare e passo il tempo a giocare d'azzardo».
I posti intanto aumentano e gonfiano gli organici: sfiorano i 16 mila. Senza mezzi, attrezzi, ma neppure obblighi. Un'emergenza, però, davvero generosa: con soldi per boss, politici e burocrati e assunzioni per chi ha voti da dare in cambio. «Quella famiglia con undici figli vale un seggio», si preoccupa a Mondragone un collaboratore di Mario Landolfi, allora ministro di An. La chiamata scatta subito.
Il costo del personale è la seconda voce del bilancio (23 per cento). La prima è proprio la spesa per la raccolta differenziata. Ferma al 15 per cento, la soglia minima sarebbe il 35 per cento: un'erogazione ne «fluviale», per risultati scarsi. E questa la vera causa dell'emergenza: non bastano infatti le discariche per le settemila tonnellate quotidiane di immondizia.
Ma proprio il simulacro della «differenziata» sostiene il grande bluff. Si tira in ballo anche Pan, il mitologico semidio che proteggeva la natura. Mitologica diventa così l'attività di Pan Spa (Protezione Ambiente e Natura), che apre un call center con 18 posizioni e due turni. «Riceve 3 o 4 telefonate al giorno, qualche divano rotto da portare via» spiegano: è la versione ufficiale, figurarsi la realtà. Sa cietà mista (51 per cento del Commissariato, con 6 consiglieri; 49 per cento della privata Sta, con 5) con 223 addetti che costano un patrimonio e un consiglio d'amministrazione numeroso e ben retribuito: ma cinque degli undici consiglieri, rivela l'ad Massimo Palmieri (che riveste un ruolo di primo piano nelle inchieste sugli sprechi), citano in giudizio il Commissariato. Che li nomina, ma poi ne subisce le azioni giudiziarie.
Intanto, in uno scantinato dell'Università di Caserta giace, fuori uso, una sofisticata banca dati. Svanisce così il progetto Sirenetta, costato 9 milioni, per monitorare i mille camion che effettuano la raccolta. Che i percorsi siano registrati, infatti, non piace: per i rifiuti destinati a Serre, ad esempio, il rimborso è di 28 euro a chilometro. Un conto che rende: il «padroncino» senza controllo riesce ad addebitare fino a 20 ore di sosta.
La prima inchiesta dei pm Pino Noviello e Paolo Sirleo è di 25 mila pagine. Il pm Maria Cristina Ribera, invece, ha indagato ad Acerra sugli ultimi 30 milioni di euro spesi, mentre sono 31 i milioni di tonnellate di rifiuti tossici e nocivi dispersi. Sette miliardi di euro l'anno è il guadagno per la camorra. Che ora cambia gioco e pensa già ai 2551 siti da bonificare, un'altra cascata di euro. C'è chi insiste: bisogna sbrigarsi. I boss corrono a salvare le terre che hanno ferito a morte.

DIFFERENZIATA RECORD, SINDACO RIMOSSO

Sul suo profilo facebook, si definisce un «disorientato di sinistra» e, in effetti, la sua storia disorienterebbe chiunque. Vincenzo Cenname, classe 1972, fino all'agosto scorso è stato sindaco di Camigliano, il comune in provincia di Caserta con una percentuale di raccolta differenziata «asburgica», pari al 70 per cento. Un'isola felice, in un comprensorio di comuni sciolti per mafia (28). Ma non poteva durare: per essersi rifiutato di aderire al consorzio provinciale che la legge sull'emergenza rifiuti ha istituito, Cenname è stato rimosso dalla poltrona di primo cittadino con tanto di decreto del Quirinale sollecitato dal ministro Maroni. E ora, come l'ex sindaco va ripetendo in giro per l'Italia e in tv, il rischio è che nella sua città aumentino le bollette e la raccolta differenziata, invece, diminuisca.

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