Asìa "abusiva, il contratto rimasto nel cassetto
Il Comune di Napoli, l’Asìa e il contratto che non c’è. Si arricchisce di nuovi particolari la vicenda finita all’attenzione del Tribunale amministrativo regionale della Campania sui rapporti tra Palazzo San Giacomo e una delle sue società «partecipate», l’Azienda servizi igiene ambientale. Davanti al Tar pende infatti il ricorso presentato «in qualità di cittadino» dall’avvocato Raffaele Di Monda. Il professionista napoletano si era già rivolto al Comune chiedendo «di essere reso edotto sugli accordi aventi ad oggetto le modalità di smaltimento dei rifiuti, la disinfezione e la disinfestazione dei cassonetti». Ma da Palazzo San Giacomo non era arrivata alcuna risposta. Ora, però, del caso potrebbe occuparsi anche la magistratura contabile, e non è escluso che anche la Procura della Repubblica decida di voler esaminare i contorni di una vicenda ancora molto nebulosa. Perché se è vero - e finora nessuno lo ha mai smentito - che almeno per i servizi considerati «essenziali» (come la mobilità o, appunto, l’igiene ambientale) è la legge che impone l’esistenza di un contratto valido tra le parti, allora non si capisce come questo fondamentale strumento giuridico manchi del tutto per Asìa; e che siano potuti passare addirittura undici anni senza che qualcuno se ne accorgesse. «I rapporti tra Asìa e Comune di Napoli sono da noi già ampiamente monitorati», si limita a dire al «Mattino» il questore di Napoli, Santi Giuffrè. Ma c’è di più. La questione era ben nota all’amministrazione comunale (e non poteva essere il contrario), che il 6 marzo del 2008 si occupò del «Piano per l’implementazione e il rilancio della raccolta differenziata». Una lunga seduta nel corso della quale vennero affrontate una serie di questioni e di argomenti collegati all’obiettivo del raggiungimento di una quota di raccolta differenziata dei rifiuti. In quella seduta qualcuno però sollevò il problema della mancanza di un contratto tra le parti: fu Raffaele Ambrosino a contestare la perdurante inesistenza del fondamentale atto regolatore dei rapporti tra Comune e Asìa. È proprio in quella sede che lo stesso Consiglio impegnò la giunta municipale «a stabilire che i competenti uffici reggano e sottoscrivano il contratto di servizio con Asìa entro i 30 giorni successivi alla formulazione e trasmissione del piano industriale correlato al raggiungimento degli obiettivi contenuti nel Piano per l’implementazione della raccolta differenziata». Accadeva due anni fa. «Il sindaco - commenta oggi Ambrosino - è responsabile della mancata stipula del contratto di servizio tra Comune ed Asìa, ciò ha consentito all’Asìa di operare allegramente senza subire mai alcun controllo sulla qualità e sulla quantità delle prestazioni rese. Ma il vero motivo per il quale non si è mai voluta risolvere questa situazione è perché l’assenza di regolamentazione e quindi anche di prezzi concordati ha consentito e consente manovre contabili per far quadrare i bilanci del Comune». «Asià, infatti - conclude Ambrosino - ha accusato negli anni scorsi perdite fino a 50 milioni di euro, sistematicamente ripianate successivamente dallo stesso comune che è azionista al 100% della stessa azienda attraverso la contrazione di pesantissimi mutui». Emerge, infine un altro dato che lascia perplessi. Solo sei società partecipate su ventidue risultano essere dotate di un regolare contratto di servizio. Secondo alcuni dati in possesso dell’agenzia «Il Velino», «una larghissima maggioranza delle aziende municipalizzate del Comune di Napoli opera in assenza di vincoli contrattuali.