Sepe: aria cattiva che nega la vita dobbiamo risorgere

Caos spazzatura, duro monito del cardinale
"Sudiciume che ci sporca e ci inquina"
3 novembre 2010 - p.t.
Fonte: Il Mattino

«Napoli deve risorgere». Il cardinale Crescenzio Sepe, uomo di fede, non poteva trovare occasione migliore della commemorazione dei defunti per incitare Napoli, le istituzioni e il popolo. Morte e resurrezione. «Non possiamo continuare a respirare l’aria cattiva di un sudiciume che ci imbratta, ci sporca e nega la nostra vita». La vita contro la morte per monnezza, in questa tragedia infinita. Nella chiesa madre del cimitero di Poggioreale le parole dell’omelia di Sua Eminenza sono risuonate come un monito senza scampo, l’ennesimo. Ma, purtroppo, sembra essere sempre più un grido nel deserto, un deserto disseminato di rifiuti, materiali e metaforici. L’aria della città è irrespirabile, ha detto Sepe: «È un’aria cattiva dove l’immoralità nega i più autentici valori umani, cristiani e civili». In questo terribile contesto, tutti i cristiani devono «resuscitare e tornare a dare testimonianza, battersi per una società a misura d’uomo. Resurrezione significa imparare a rendere sempre più vivibile la società in cui stiamo vivendo, la città in cui lavoriamo e operiamo e che deve risollevarsi sul piano morale, civile, politico». Ad ascoltare le sue parole c’erano il sindaco Rosa Russo Iervolino, l’assessore Paolo Giacomelli, il presidente del Consiglio provinciale Luigi Rispoli, il prefetto Andrea De Martino e il questore Santi Giuffré. Una chiamata in causa chiara di un prelato che interpreta la sua missione pastorale con una forte carica di impegno civile. Per amore di questa terra non si può tacere. Ma Sepe, come altri vescovi e cardinali in questi giorni, ha allargato l’orizzonte al Paese, all’Italia del bunga bunga e della precarietà economica, definita senza mezzi termini come «una società malata che moralmente affonda sempre più in situazioni vergognose» mentre occorre «essere attenti alle necessità dei disoccupati, dei malati, dei sofferenti, di chi ha fame, sete o è solo. Ognuno nel proprio ambito e nella propria competenza, ognuno secondo la propria missione». Ormai lo scandalo internazionale dei rifiuti, della città imbrattata che fa il giro del mondo sta diventando un tormentone e avvelena corpo e spirito. Appena una decina di giorni fa, in occasione della canonizzazione di Giulia Salzano, Sepe aveva definito il dramma della monnezza come «l’ennesima beffa». Eppure aveva lasciato, come impone il suo ruolo, uno spiraglio alla speranza: «Napoli non è e non sarà mai una ”partita persa”». Ma, da sabato scorso, da quando è tornato dal suo viaggio in Cina, la partita è solo peggiorata. I rifiuti marcano stretto la stessa Curia. Donnaregina, dove abitano poche persone, è tutto sommato pulita, ma attorno, da piazza Cavour alla tormentata via Foria, dal Rettifilo a San Giovanni a Carbonara, c’è solo la puzza che la pioggia ha accentuato, facendo marcire l’organico. Una città che percola. Il cardinale in questi giorni l’ha attraversata con sgomento crescente. Chi gli sta a fianco ha visto la sua profonda amarezza. Da Ercolano, dove è stato proprio sabato scorso, a Poggioreale, dove ha celebrato oggi, ha potuto rendersi conto direttamente del disastro. E anche la strada che l’ha portato alla sua Carinaro, nell’Aversano, dove si è ritirato ieri pomeriggio, non gli ha risparmiato la spaventosa visione di cumuli e cumuli di spazzatura e sacchetti che stanno avvelenando la Campania felix e Napoli Nobilissima, constatando il fallimento di un presunto miracolo. E lui di miracoli se ne intende. In tempi non sospetti, quando la rivolta era a Chiaiano, Sepe urlò le ragioni della responsabilità, senza la quale non può fiorire la speranza. Come ha spesso ripetuto, se la Chiesa deve essere la voce di chi non ha voce, ora deve farsi sentire. Il tempo è venuto.

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