Bertolaso, addio con polemiche: «La crisi si poteva evitare»
L'azienda su di noi notizie false
«Amarezza? Certo che ce n’è, perché quei rifiuti che sono ancora qui nelle strade della città potevano essere tranquillamente rimossi»: un addio polemico quello del capo della protezione civile, Guido Bertolaso, che ieri sera è arrivato in prefettura per il cambio della guardia con gli enti locali. Il sottosegretario lunedì aveva annunciato la fine della sua missione speciale sottolineando di aver assolto all’incarico di risanare cava Sari. E prima di entrare in prefettura, dove ha incontrato il governatore Stefano Caldoro, il presidente della Provincia, Luigi Cesaro, i sindaci del Vesuviano e i vertici delle forze dell’ordine, riferendosi agli enti locali, ha sottolineato: «Non c’è emergenza, ora passa tutto a loro. Io stamattina ero in Veneto per il dissesto idrogeologico. Ora sono qui e ci resterò fino a tarda notte. È tutta una questione di impegno, di manico». Un concetto ripreso rispondendo a una domanda sull’Asia: «Certo che abbiamo pensato alla possibilità di commissariarla, ma purtroppo si tratta di una partecipata del Comune di Napoli che rientra totalmente nelle competenze dell’amministrazione. Non possiamo fare nulla, bisogna convivere con l'Asia, rispettare i suoi dipendenti che fanno un lavoro difficilissimo. Ma quando parlo di un problema che c’è nel manico, cioè nell’organizzazione, è evidente che intendo dire che anche in questo caso qualcosa si poteva sistemare e risolvere». E già ieri in un’intervista al Mattino aveva detto: «Se gli impianti di Giugliano e Tufino affidati ad Asia avessero funzionato a pieno ritmo anche questa settimana non ci sarebbe stato bisogno di aprire Taverna del Re». Dall’azienda è arrivata ieri una nota in cui si previsa: «Il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso è, ancora una volta, indotto a inesattezze. Lo stir di Giugliano, com’è noto alla protezione civile, è stato affidato alla nostra società proprio dalla struttura di Bertolaso la notte del 31 dicembre 2009. L’impianto era fermo dall’ottobre dello scorso anno per essere ripristinato in conformità al progetto originario». L’impianto doveva riaprire entro febbraio 2010. «In realtà - scrive la partecipata - dopo molta nostra insistenza, il macchinario ci è stato consegnato il 14 maggio 2010, mancante di uno dei due carri-ponte ... cosicchè l’impianto da maggio ad oggi ha potuto lavorare al quaranta per cento della propria capacità produttiva e soltanto su due delle tre linee disponibili». Poi la polemica sugli stipendi: «Benché le lavorazioni fossero impedite dalla mancata consegna tecnica degli equipaggiamenti - scrive l’azienda - Asìa dal primo gennaio 2010, ha sempre pagato puntualmente gli stipendi ai lavoratori, i costi delle utenze (elettricità ecc.) e i servizi contrattualizzati dalla Protezione Civile. Per effetto dello squilibrio temporale di cui ha unica responsabilità la Protezione Civile, Asìa ha subito un danno economico di oltre 2,5 milioni di euro». L’azienda sottolinea anche di essere stata costretta per mesi a lavorare al rallentatore per lo stoo di due linee del termovalorizzatore di Acerra.