Scade il piano del governo, restano caos e rivolte
«A Napoli tutto ok in dieci giorni»: è il 22 ottobre e Berlusconi in una conferenza stampa annuncia provvedimenti straordinari per risolvere la nuova emergenza (ma guai a chiamarla così) che devasta la Campania. In quel momento in città ci sono a terra duemila tonnellate di spazzatura, molte di più ce ne sono nella provincia e Terzigno brucia. «Tra tre giorni a Napoli non ci saranno più rifiuti»: il 28 ottobre Berlusconi arriva ad Acerra e rinnova l’impegno. Sono ancora duemila le tonnellate da raccogliere. Oggi, a dieci giorni dal primo annuncio e a quattro dal secondo, nelle strade napoletane restano ancora tra le 2000 e le 2100 tonnellate di immondizia, la situazione in provincia è più o meno invariata. La protesta si è trasferita da Terzigno a Giugliano dove nella piazzola 12 del sito di Taverna del Re (che già ospita due milioni e mezzo di balle), è stato realizzato un sito di trasferenza provvisorio. Sul cemento dovrebbero essere scaricate 10mila tonnellare di rifiuti in trenta giorni. Poi l’immondizia sarà portata altrove, probabilmente nel vicino impianto di tritovagliatura. A Giugliano, fortunatamente, non volano le molotov, ma i manifestanti si stendono davanti ai compattatori e annunciano di non essere più disponibili a pagare la Tarsu: si lavora a singhiozzo. Contemporaneamente la protesta si è estesa alla Calabria dove vengono inviati i rifiuti secchi per liberare le piazzole degli impianti di tritovagliatura, i cosiddetti stir. Il sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza, cerca di impedire con un’ordinanza gli sversamenti nella discarica di Pianopoli gestita dalla Daneco, ma i camion continuano ad arrivare. A Chiaiano si riesce a sversare a stento perché i camion risultano troppo pieni di sacchetti e dunque troppo pesanti. Davanti agli stir (che comunque ieri, domenica, erano chiusi) le code dei compattatori sono rimaste infinite. Il termovalorizzatore di Acerra, poi, non riesce a ingoiare tutto quello che arriva dagli impianti di tritovagliatura. A Tufino, Giugliano e Caivano sono infatti aumentati i conferimenti a causa dello stop alla discarica di Terzigno: quello che esce dalle linee di lavorazione deve essere bruciato o portato altrove. Già un mese fa la Regione, preoccupata per i problemi tecnici che avevano colpito l’inceneritore di Acerra, ha pubblicato un bando di «manifestazione d’interesse». E risposte positive sono arrivate dalla Svezia e dalla Norvegia. Un accordo che sta andando avanti: sembra imminente, dunque, la ripresa dei viaggi della speranza con i convogli carichi di spazzatura. In tutto questo non è mai arrivata all’Asìa l’annunciata ordinanza prefettizia che avrebbe dovuto sollevarla dall’incarico di gestire cava Sari e sembra difficile che possa arrivare se non ci saranno relazioni tecniche che ne provino le responsabilità: altrimenti si aprirebbe l’ennesimo contenzioso di questa emergenza infinita. Perché che di emergenza si tratti ormai non sembra dubitarne più nessuno. Il governatore Caldoro nell’ordinanza del 19 ottobre disponendo che le altre province accettassero i rifiuti napoletani scrive che a causa del blocco contemporaneo di due linee del termovalorizzatore e dei mancati conferimenti a Terzigno «si è determinata una situazione di eccezionale emergenza che comporta gravi e imminenti pericoli per la salute pubblica». E il concetto viene ribadito dal presidente della Provincia, Luigi Cesaro, nell’ordinanza che dispone la riapertura di Taverna del Re. Quanto durerà la nuova crisi? Prevederlo, a questo punto, sembra un azzardo.