"Pronti a pagare, ma i soldi vanno ai dipendenti"
«Cominceremo con i blocchi agli impianti di Caserta perché l’amministrazione provinciale va punita». L’annuncio è di ieri pomeriggio e si riferisce alla notte appena trascorsa. A parlare è il leader del Sindacato azzurro Vincenzo Guidotti a nome dei dipendenti del Consorzio unico di bacino Napoli-Caserta. Il problema è sempre lo stesso: la mancata corresponsione degli stipendi. E mentre la Provincia di Napoli ha stanziato fondi per 800 lavoratori, «quella di Caserta – denuncia Guidotti - continua a servire i comuni morosi e non ha fatto niente per i 1.300 lavoratori». Gli operai in agitazione sono preoccupati per il proprio futuro e chiedono un incontro con il sottosegretario Bertolaso. Ma sul piede di guerra ieri non solo loro. La giornata, con tempi e modi differenti, è stata di protesta anche per i sindaci del Casertano. Undici fasce tricolori dei Comuni di Teverola, Casaluce, Cesa, Succivo, Carinaro, San Prisco, San Tammaro, Parete, Lusciano, San Marcellino, Casal di principe hanno firmato infatti un duro documento indirizzato al commissario liquidatore del consorzio unico di bacino inviato alla Procura di Santa Maria, alla Provincia e alla prefettura. La legge 26 del 2010 prevedeva la sollecita riscossione da parte dei consorzi dei crediti vantati nei confronti dei comuni, nonché l’accertamento delle situazioni creditorie e debitorie pregresse. «Ad oggi - scrivono i sindaci - il consorzio ha disatteso la legge e inoltre c’è stato l’ abbandono di ogni logica collaborativa con i comuni». I sindaci usano toni duri e affermano senza mezzi termini che «nulla è stato fatto». «Fatta eccezione per una copiosa teoria di comunicazioni inviate ai Comuni – dicono - con invito a pagare canoni correnti per prestazioni non rese e somme pregresse in assenza di trattative volte all’accertamento e alla definizione delle posizioni aperte non sono evidenti azioni di gestione». Il coordinamento dei sindaci accende i riflettori anche sul fatto che «le note di credito da inviare agli stessi Comuni, a scomputo delle prestazioni anticipate, hanno dei tempi di lavorazione inaccettabili». Qual è il risultato? A pagare le conseguenze del mancato incasso dei canoni correnti sono gli operai, ma anche i cittadini costretti a subire forti disservizi. I sindaci però hanno la soluzione a portata di mano e lo dicono a chiare lettere: «Vogliamo chiudere immediatamente la nostra posizione debitoria, a condizione che le risorse finanziare siano destinate prioritariamente al pagamento degli stipendi per i dipendenti». I primi cittadini sono stufi di «dover effettuare puntualmente spasmodici tentativi di porre argine a situazioni di grave tensione sociale». Nella lunga nota il coordinamento dei sindaci mette in evidenza come i Comuni debbano sostituirsi al consorzio anche per operazioni come la manutenzione dei mezzi per la raccolta, la fornitura di carburante, l’acquisto e la distribuzione dei sacchetti. «I risultati positivi ottenuti da molti Comuni - si lamentano i sindaci - sono stati vanificati e adesso, dinanzi all’impossibilità di una proficua interlocuzione con il Consorzio - spiegano - abbiamo ritenuto opportuno denunciare questa situazione alla Procura della repubblica». Lo sguardo è puntato anche sui «lauti compensi riconosciuti dal consorzio a consulenti tecnici, amministrativi e legali». «Una scelta discutibile - commentano - soprattutto perché a fronte della moltitudine di collaboratori, si registra la totale assenza o meglio il progressivo deterioramento dei risultati gestionali». Su perché si siano dimessi il responsabile dei servizi di igiene urbana, il generale Gianfranco Giardella, e, più recentemente, il direttore Francesco Goglia, chiedono di fare chiarezza i primi cittadini. «Non vogliamo uscire dal Consorzio e crediamo nella gestione pubblica dei rifiuti ma – lanciano un appello i sindaci - metteteci in condizioni di poter operare a tutela del territorio e dei cittadini». Intanto Alessandro Bratti, responsabile Pd Politiche per la gestione dei rifiuti, dipartimento Ambiente, e Raffaella Mariani, capogruppo Pd in commissione Ambiente alla Camera affermano: «Siamo solidali con i lavoratori dei Consorzi di bacino di Napoli e Caserta che protestano per gli stipendi non corrisposti. Come avevamo purtroppo previsto, la provincializzazione dei consorzi non ha risolto alcun problema ma li ha aggravati».
Ammonta a circa due milioni il debito degli undici comuni firmatari del documento inviato al commissario liquidatore del Consorzio unico di bacino dei rifiuti. In pole position c’è il Comune di San Prisco con 480mila euro da versare. A seguire San Marcellino (382mila), Casal di Principe (283mila), Succivo (256mila), Teverola (210mila), San Tammaro (164mila), Casaluce (127mila pignorati da terzi), Lusciano (60mila), Cesa (57mila), Parete (42mila), Carinaro (25mila). Il debito è stato calcolato, Comune per Comune, al netto dei crediti vantati dagli enti locali nei confronti del consorzio unico per l’anticipo legato alla riparazione degli automezzi o al loro fitto. I sindaci si dicono disposti a corrispondere le somme dovute purché queste possano essere utilizzate nella maniera più opportuna, ossia prevedendo il pagamento degli stipendi non ancora pagati ai dipendenti. Quello che chiedono è di rendere regolare il servizio di raccolta, evitando così disservizi e condizioni igienico- sanitarie che mettono in ginocchio i centri dell’ex consorzio Ce 2.